Facciate illustri da rifare in corso Italia e via Geppa Meno spazio per le auto

Le ordinanze comunali dell’Urbanistica, oltre a limitare traffico/sosta nelle carreggiate a causa di lavori pubblici o privati, sono utili per scoprire cosa accade nell’edilizia cittadina. Due disposizioni, firmate come al solito da Giulio Bernetti, intervengono su altrettanti siti del centro prevedendo lunghe durate: Corso Italia e via della Geppa.
In corso Italia, all’altezza del civico 27, l’arteria sarà ristretta fino al 31 gennaio 2021 nelle giornate feriali e in due fasce orarie mattutine e pomeridiane. In via della Geppa stesso provvedimento all’altezza dei civici 2 e 4, in questo caso il restringimento si protrarrà addirittura fino al 31 marzo del prossimo anno. In entrambi i casi va in onda la manutenzione straordinaria delle facciate. In corso Italia se ne occupa la triestina Normad, in via della Geppa entra in campo la Nuova Edile, anch’essa triestina.
Si tratta di edifici di una certa importanza. Corso Italia 27, che era rimasto ormai l’ultimo stabile in zona ad aver bisogno di un ricostituente estetico, ospita la casa di riposo “Ad maiora” e in passato domiciliava su due livelli l’Isdee durante la direzione di Tito Favaretto. Come racconta una scheda del Comune, courtesy di Roberto Prodan, il palazzo venne costruita nel 1907 su progetto di Arturo Ziffer, ingegnere al quale si devono tra l’altro il disegno della Risiera e il cantiere di palazzo Vivante. Ziffer era cognato di Teodoro Mayer, fondatore del “Piccolo”, avendone sposato la sorella. La scheda comunale, una delle tante redatte in occasione del Piano particolareggiato del centro storico, ne richiama l’ecletticità di stile e ne descrive la facciata «come marcata orizzontalmente da elementi diversi per ogni piano cartelle, finte balaustre, pannelli in bassorilievo, mensole di balconi ... verticalmente da pilastri, lesene, paraste e colonnine».
Ancora più ricco e interessante il pedigree di via della Geppa 2-4, perchè siamo in uno dei lati di palazzo Panfilli, come ricorda Gloriana Brizzi in “Trieste 1872-1917. Guida all’architettura” (Trieste 2007), citato a più riprese - sia pure senza entusiasmi - da Laura Ruaro Loseri nella sua “Guida”. Perchè palazzo Panfilli, dalle dimensioni veramente notevoli, si estende su quattro lati, che danno in piazza della Libertà, in corso Cavour, in via Ghega e - appunto - in via Geppa, dove c’è l’entrata che porta alla sede dell’Associazione alpini.
La storia di questo grande edificio, sorto su un vecchio squero strappato alle preesistenti saline, parte dal 1878, quando Antonio Panfilli, figlio di quell’Odorico fondatore dell’omonimo cantiere dove oggi opera l’Agenzia delle dogane, commissiona il progetto a uno studio di architettura viennese, “Gross & Jelinek”. A Trieste la costruzione sarà seguita da Giovanni Berlam, Giovanni Righetti, Giovanni Scalmanini. Scalmanini che fu tra i progettisti del vicino e quasi coevo palazzo Kallister, ora sottoposto a una ristrutturazione a uso alberghiero.
Gli esterni furono ispirati - secondo la Brizzi - agli stilemi del rinascimento italiano. I lavori terminarono nel maggio 1881. L’idea di Panfilli era di ottenere un grande spazio affittabile ed eventualmente trasformabile in hotel. —
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