Fallimenti, il Ceta alza bandiera bianca

Ultimo atto per il Centro di ecologia teorica e applicata. In 4 anni 111 attività in bancarotta. Male commercio e edilizia

Ultimo atto per il Ceta. Il Centro di ecologia teorica ed applicata è stato dichiarato fallito nei giorni scorsi.

Si è chiusa così ufficialmente una storia lunga trent’anni, iniziata nel 1987 e proseguita sino al 2015 anche con importanti iniziative nel campo della sostenibilità ambientale. Il Centro operava nel settore della ricerca di base e della sperimentazione applicata in diverse discipline legate alla tutela e alla conservazione dell’ambiente e delle sue risorse. Sì, ci sono anche tanti marchi eccellenti nel “Portale dei fallimenti”. A riprova che la crisi non è affatto passata.

Il bollettino

di guerra

Centoundici serrande chiuse e uffici sbarrati. Nel quadriennio 2014-2017 tante sono state le imprese interessate dall’apertura di una procedura di fallimento (e con esclusione di altre tipologie di procedure concorsuali). Nell’ultimo anno, a finire pancia all’aria sono state 19 attività, nel 2016 furono 31, come l’anno prima (il 2015), mentre nel 2014 si raggiunse quota 30.

«I settori di attività maggiormente interessati - spiega l’ufficio statistica della Camera di commercio Venezia Giulia - risultano quelli più rappresentativi nel tessuto imprenditoriale: le costruzioni e il commercio che nel complesso contano per circa il 50% dei fallimenti, e le attività manifatturiere (17 per cento). Escludendo un piccolo numero di non classificante, le restanti imprese rientrano tutte fra le attività di servizi: i settori più segnati dai fallimenti nel quadriennio 2014-2917 sono le attività immobiliari e le attività dei servizi di alloggio e ristorazione».

Secondo i dati del tribunale, le procedure di fallimento aperte anche prima del 2014, prendenti alla fine del 2017, erano 135. Tante attività morte prematuramente perché affondate dai debiti. Tante le attività chiuse prematuramente anche nel campo commerciale che stenta a risollevarsi e che sta pagando a caro prezzo la “scomparsa” della clientela slovena, sempre più diretta verso i centri commerciali fuori città.

Le società

di capitali

A livello generale, il 70% delle imprese che accedono alla procedura fallimentare sono società di capitali. Al secondo posto si piazzano le società di persone (14 per cento) seguite dalle ditte individuali (12%). Certo, molto lavoro è stato fatto: diversi imprenditori sono stati bravi a ricollocarsi sul mercato, a diversificare l’offerta, a rimettere in sesto le proprie attività ma la situazione è grave e rischia di aggravarsi. Riguardo al manifatturiero, questo comparto ha visto chiudere l’80% delle imprese negli ultimi dieci anni: si è assistito a un vero e proprio azzeramento di un settore che – per anni – era stato il “motore” dell’economia goriziana. La maglia nera è divisa con il settore edilizio che registra sempre 10 morti premature. Hanno alzato bandiera bianca, poi, tre attività dell’alimentare, una della meccanica di precisione, una del settore trasporti e comunicazioni, sei di servizi e attività varie. Sul “Portale dei fallimenti” è anche riportato un elenco delle ultime imprese che hanno compiuto il passo dell’addìo. Si tratta della Nobil Casa srl, della Agm costruzioni srl, della Tre Zeta snc, della Tecnoterm sas, della Sviluppo Energia Buttrio srl.

La scomparsa

della clientela slovena

Particolarmente segnato dai fallimenti, dicevamo, è anche il commercio, un comparto che perde mediamente ogni anno mille posti di lavoro in tutto l’Isontino e che sta pagando a caro prezzo la “scomparsa” della clientela slovena, sempre più diretta verso i centri commerciali fuori città. Il bollettino parla di 10 fallimenti in questo specifico comparto. Gianmarco Zotter, presidente mandamentale di Confcommercio Gorizia, ribadisce: «Purtroppo, molti commercianti lavorano con l’acqua alla gola. Le spese fisse e il carico fiscale pesantissimo continuano a mietere vittime».

Il primo passo è il licenziamento del personale e il ritorno alla gestione familiare. Quindi, si cerca di tirare avanti, facendo i salti mortali. Ma è difficile stare a galla: le spese bancarie sono in aumento, gli affitti crescono come tutti i servizi connessi all’attività. Inoltre, calando i prezzi, cala anche il margine di guadagno. Sono imprese che non reggono la concorrenza più spietata: difficoltà di accedere al credito e crisi economica sono le cause che più frequentemente portano alla cessazione prematura di un’attività.

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