Falsi nullatenenti gestivano un traffico d'alcol illegale, coinvolto funzionario delle Dogane di Trieste

Organizzazione criminale campana con un appiglio in Friuli Venezia Giulia smantellata dalla Guardia di Finanza di Caserta. Secondo le indagini delle Fiamme Gialle il triestino favoriva il "dirottamento" sul mercato nero italiano di bevande formalmente destinate all'estero

TRIESTE Erano nullatenenti per il Fisco, ma vivevano in ville e viaggiavano a bordo di Suv con targa estera da decine di migliaia di euro, nascondendo a casa cospicue somme in contanti, frutto delle ingenti frodi realizzate con la vendita in nero di milioni di litri di alcol. È l'identikit dei capi dell'organizzazione criminale dedita all'importazione illecita di alcol, smantellata dalla Guardia di Finanza di Caserta - guidata da Andrea Mercatili - che ha eseguito 25 misure cautelari emesse dal Gip del tribunale di Napoli Nord nei confronti dei altrettanti indagati in tutt'Italia; si tratta del 46enne Francesco Cervino di Capodrise (Caserta), nelle cui abitazione, in due scatole di scarpe, i finanzieri hanno rinvenuto 163mila euro in contanti, e del 45enne Michele Galotta di Scisciano (Napoli), entrambi finiti in carcere.

Tra i destinatari della misura carceraria anche il gestore di un deposito fiscale di Gussago (Brescia), un funzionario «compiacente» dell'Agenzia delle Dogane di Trieste, il 50enne Daniele Di Blasi: questi - hanno accertato i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caserta - avrebbe attestato falsamente che l'alcol importato da Germania e Bulgaria, dopo aver assolto le pratiche fiscali, prendeva la via di Serbia e Azerbaijan. La realtà era diversa, sostengono gli inquirenti: quell'alcol, soprattutto alcol etilico ma anche vodka, rhum e whisky, alla Dogana non ci arrivava proprio, ma restava in parte in Italia, e veniva rivenduto in nero soprattutto all'ingrosso ma anche al dettaglio; una piccola parte andava anche in Gran Bretagna. Cervino e Galotta - è emerso - non sfruttavano solo il «gancio» all'Agenzia delle Dogane, ma avevano anche altre modalità operative, come l'utilizzo di depositi fiscali in difficoltà economiche sparsi per l'Italia, quattro dei quali, da Roma a Bologna passando per Brescia e Grosseto, sono finiti sotto sequestro; gli indagati usavano anche i documenti di accompagnamento semplificati, mediante i quali attestavano falsamente l'assolvimento dell'accisa.

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