Files rubati all’ex ditta, manager nei guai

Accusa di concorrenza sleale per i tre soci della “Last Tecnhology” di Prata di Pordenone. Azienda messa sotto sequestro
Un'immagine generica di furti informatici
Un'immagine generica di furti informatici

TRIESTE. L’accusa è di concorrenza sleale, messa in atto, secondo l’accusa, “succhiando” i files con dati sensibili di un’azienda farmaceutica e realizzando poi con un marchio diverso gli stessi prodotti. Nel mirino del pm Matteo Tripani è finita la “Last Technology” di Prata di Pordenone, specializzata nella produzione di particolari e sofisticate apparecchiature sanitarie utilizzate per il lavaggio dei tappi delle siringhe. Una start up che lo scorso anno ha fatturato oltre un milione di euro.

Nei giorni scorsi i carabinieri del nucleo informativo di Trieste hanno sequestrato l’intera azienda. Il decreto di sequestro preventivo è stato disposto dal gip Laura Barresi su richiesta del magistrato titolare del fascicolo. È la prima volta che in regione viene attuato un provvedimento così grave per un caso di concorrenza sleale. Contestualmente il giudice Barresi ha nominato amministratore giudiziario il commercialista Paolo Taverna. Di fatto la produzione della società sequestrata non è stata interrotta. Ma sono state bloccate vendite e transazioni e il personale messo conseguentemente in ferie. Dunque è stato tolto l’ossigeno. Tutto fermo.

Indagati tre manager. Si tratta di Massimo Castellarin, Marco Bars e Luca Corazza, rispettivamente i responsabili commerciale, tecnico e marketing che avevano risolto il rapporto di lavoro quando la società era stata ceduta all’industriale padovano, Ottorino Casonato.

Il pm Tripani ipotizza a loro carico l’accusa - a vario titolo - di rivelazione di segreto industriale e accesso abusivo al sistema informatico, reato quest’ultimo, che ha provocato il radicamento del fascicolo a Trieste. Sono difesi dall’avvocato Alberto Fenos.

L’inchiesta è scattata nello scorso mese di maggio dopo la querela sporta, tramite l’avvocato Maurizio Miculan, dal padovano Casonato, legale rappresentante della Icos Impianti Group spa, impresa che produce macchine dedicate all’industria farmaceutica. Ditta che aveva acquisito la proprietà dell’azienda pochi mesi prima.

Nella querela era stato evidenziato come Castellarin, direttore commerciale dell’impresa, avesse intrattenuto rapporti commerciali con la Action Technology Italia mentre era dipendente della Icos Impianti. La Action Tecnology Italia, attraverso la Last Technology, si era inserita nel mercato dei macchinari sanitari ideati e prodotti dalla Icos. I carabinieri hanno poi accertato che i tre manager della Icos, dopo aver chiuso il loro precedente rapporto di lavoro, si erano associati e avevano fondato la nuova ditta. Nulla di male se non il fatto - come è poi emerso dagli esiti delle perquisizioni - che i tre avevano continuato a produrre i macchinari sanitari e che addirittura li avevano proposti sul mercato agli stessi clienti della loro ex azienda. Insomma, secondo le indagini, avevano “razziato” l’archivio informatico prelevando progetti e schede tecniche, ma anche i data base con gli indirizzi dei clienti. E come se non bastasse si erano presi anche i profili gestionali, amministrativi e commerciali. Insomma tutto il know out necessario non solo a produrre ma anche a vendere agli stessi clienti i particolari strumenti sanitari.

Infatti gli accertamenti hanno evidenziato che la Last Technology aveva appena venduto una macchina lavatappi del valore di 200mila euro pressoché identica a quella prodotta dalla Icos. Non solo: è emerso che la Last aveva anche attivato una speciale collaborazione con un’azienda cinese. Azienda, a quanto pare, pronta a realizzare a sua volta i particolari macchinari. «La disponibilità da parte degli indagati del materiale indebitamente carpito ha consentito di avviare, fin dall’inizio, un’attività altamente concorrenziale che è destinata a operare sul mercato indefinitivamente», si legge nel provvedimento del giudice che ha disposto il sequestro preventivo.

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