Fincantieri, bonaccia al debutto in Borsa

L’ad Bono: «Siamo stati coraggiosi». Il titolo invariato a 0,78 euro. La Fondazione CrTrieste investe 1 milione nell’offerta

TRIESTE. Neanche una nuova coreografia davanti a palazzo Mezzanotte, con una nave di carta e le note di “Acquarius” ad accompagnare l’esordio di Fincantieri nel listino milanese, ha stimolato ieri interesse per la neo-quotata. Il prezzo di partenza era 0,78 euro e tale è rimasto, con impercettibili oscillazioni avanti e indietro, fino alla fine della seduta. «Piatto», commentavano fonti di agenzia. Pochi scambi con 2972 contratti chiusi per un controvalore pari a poco più di 23 milioni di euro. Le cifre del collocamento suggeriscono un flottante pari al 29,55% del capitale Fincantieri: 80% retail, 20% istituzionali, con un radicale capovolgimento dei ruoli rispetto alla partenza dell’Ipo.

La prima seduta borsistica di Fincantieri è stata scortata dall’amministratore delegato Giuseppe Bono, dalla guida operativa di Cassa depositi e prestiti (Cdp) Giovanni Gorno Tempini, dall’a.d. di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi. Bono, polemico nei confronti della stampa per le critiche piovute su un collocamento oggettivamente poco brillante, ha difeso l’operazione: ha detto che comunque sono arrivati 350 milioni “freschi”, che Fincantieri è l’unica azienda industriale ad aver avuto il coraggio di andare sul mercato, che era prevedibile un esito fortemente caratterizzato dal retail. Gorno Tempini ha chiarito che Fintecna (controllata di Cdp, ndr) non ha voluto vendere le sue azioni «perchè abbiamo fiducia nell’azienda», anche se ha ammesso che «le caratteristiche specifiche di Fincantieri necessitano di maggiore comprensione per gli investitori istituzionali».

Fincantieri sbarca in Borsa: e da Piazza Affari sbuca la prora di una nave

Nel quadro di un esordio incolore, interessante rilevare l’adesione della Fondazione CrTrieste all’offerta pubblica di vendita: l’ente ha acquisito 1 milione 200 mila azioni a fronte di un investimento di circa 1 milione di euro. Per il presidente Massimo Paniccia andava riconosciuto il ruolo svolto da Fincantieri nel tessuto economico locale.

Il gruppo navalmeccanico ha poi riepilogato l’andamento complessivo del collocamento. Su una richiesta totale di oltre 578 mila azioni ne sono state assegnate 500 mila, di cui 400 mila al pubblico e 100 mila agli investitori istituzionali. Esercitata dai “global coordinator” la cosiddetta “green shoe” con 50 mila azioni. La preponderante parte destinata al retail ha visto alla ribalta oltre 52 mila richiedenti del cosiddetto lotto minimo da 4 mila azioni. E sono stati 1053 i dipendenti Fincantieri (sui 7724 italiani)che hanno aderito all’offerta acquistando uno o più lotti minimi da 2 mila azioni, una quota inferiore alla “riserva” del 4,4% che era stata loro dedicata al principio del collocamento. La porzione relativa agli istituzionali è stata assegnata a 53 richiedenti.

Restano le perplessità già emerse venerdì 27 giugno, a conclusione dell’Ipo. Vuoi l’ingorgo di mercato con molte operazioni in concomitanza (Mps, Carige, Fineco), vuoi la scarsa appetibilità di un titolo che per un triennio non smazzerà dividendi, vuoi la complessità produttiva e gestionale di un gruppo dalla bassa marginalità: alla fine i pezzi grossi della finanza internazionale hanno dato forfait, mentre il piccolo risparmio è stato attirato dalla “bonus share” prevista per chi terrà almeno un anno le azioni in cassetta. Certo, fa pensare che uno schieramento composto da 5 “global coordinator” (Banca Imi, Credit Suisse, J.P. Morgan, Morgn Stanley, Unicredit), cui si aggiunge un altro squadrone di “joint bookrunners”, non sia stato in grado di cogliere e prevenire le diffidenze degli investitori internazionali. Rispetto alle premesse del collocamento, adesso mancano non meno di 200 milioni all’appello.

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