Fiom in subbuglio a Trieste Lascia il segretario Colautti

Da valutare la tenuta del rapporto con Landini per un eventuale ripensamento Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil in assemblea l’8 febbraio
Di Massimo Greco
12/10/2015 Milano, assemblea Fiom Cgil e delegati St e Micron di Agrate Brianza, nella foto il segretario Fiom Cgil Maurizio Landini
12/10/2015 Milano, assemblea Fiom Cgil e delegati St e Micron di Agrate Brianza, nella foto il segretario Fiom Cgil Maurizio Landini

Sasha Colautti si è dimesso dalla guida della Fiom triestina. L’assemblea delle “tute blu” cigielline è convocata per mercoledì 8 febbraio: all’ordine del giorno l’elezione del segretario.

Da qui a meno di due settimane Colautti ha davanti a sè tre opzioni: si ricandida con il faticoso “nulla osta” di Fiom centrale e della Cgil regionale; si ricandida ma senza il lasciapassare degli organismi ufficiale, quindi deve farsi sostenere dal 30% dell’assemblea; si scoccia della dialettica interna e torna a lavorare alla Wärtsilä, dove è in aspettativa sindacale.

In realtà le dimissioni erano state presentate già il 28 dicembre scorso ma la notizia è volutamente trapelata solo negli ultimi giorni, alla vigilia dell’incontro che di recente lo stesso Colautti ha avuto a Udine con il leader nazionale dei metalmeccanici cigiellini Maurizio Landini.

Incontro cordiale nei toni ma interlocutorio nella sostanza: naturalmente Landini non è entusiasta di lasciare Trieste all’opposizione, ma in Friuli Venezia Giulia ha già sul groppone un numero sufficiente di rogne (le segreterie di Udine e quella regionale, il caso della funzionaria con doppia paga) da voler evitare di caricarsi un altro fardello. Fiom Trieste gode di discreta salute, con 1100 iscritti in crescita del 17% durante il 2016: avrebbe senso andare in rotta di collisione con Colautti e il suo staff?

Perché è l’intero quartetto di vertice ad aver compiuto un passo indietro: insieme a Colautti, hanno rassegnato le dimissioni Alexander Vecchiet, Fabio Barbo ed Erika Innendorfer.

A convincere Colautti e i suoi più stretti collaboratori ad abbandonare ogni tatticismo per cercare invece un confronto risolutivo con il vertice nazionale della Fiom, è stato il risultato del referendum sul contratto dei metalmeccanici. A Trieste i “no”, ispirati anche dalle posizioni contrarie assunte dalla Fiom locale, hanno raggiunto il 46,1%, percentuale senza dubbio elevata.

«Questa firma sul contratto nazionale metalmeccanico - spiega la segreteria dimissionaria - ha detto in modo chiaro a tutti che non c’è più spazio per le ambiguità». No al welfare contrattuale che sostituisce il salario, no alla derogabilità delle norme contrattuali, sì alla contrattazione che parte «dai bisogni dei lavoratori»: è la sintesi contenuta nella lettera di dimissioni.

Ma non è detto che il disimpegno dei quattro uscenti sia vincolante e definitivo: a tale riguardo Colautti sembra orientato a verificare la tenuta del rapporto con Landini. Se il leader accetterà di avere a Trieste una presenza critica, Colautti potrebbe rivedere la posizione e re-impegnarsi alla guida della Fiom autoctona. Se Landini non sarà invece incline a tollerare un’opposizione tenace, Colautti potrebbe pensare di trovare un 30% di aiuto sui 55 membri dell’assemblea per una candidatura d’alternativa. Oppure di tornare al suo lavoro in Wärtsilä.

Le candidature vengono vagliate dal cosiddetto “centro regolatore”, articolato su un doppio via libera espresso dalla Cgil regionale e dalla Fiom centrale. La Cgil regionale ha affidato un mandato esplorativo al segretario triestino Michele Piga, per saggiare i rapporti di forze all’interno della Fiom.

Il quadro è piuttosto complicato, perché, al disappunto romano verso l’atteggiamento tenuto sul referendum, si aggiunge il non gradimento della Cgil locale riguardo la vicenda Ferriera. Sulla quale Colautti ha una posizione autonoma: ritiene infatti che la minaccia di Arvedi di andarsene sia l’alibi di un disimpegno da Trieste in vista della possibile acquisizione dell’Ilva a Taranto.

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