Garofano (ex Ris): «Il Dna inchioda gli assassini»
«Le tracce di Dna sugli indumenti di Yara Gambirasio sono prove schiaccianti non indizi. Elementi che portano all’identità di un uomo con un margine di certezza del 99%». Non ha dubbi Luciano Garofano, comandate del Ris di Parma dal 1995 al 2009, biologo, docente universitario, scrittore, che negli ultimi decenni ha indagato casi giudiziari complessi: dalla strage di Capaci a quella di Erba, dal serial killer di Erba ai casi di Cogne e di Bergamo, ospite a Gorizia del convegno sul femminicidio organizzato dal Club Soroptimist. Massimo Giuseppe Bossetti, al momento presunto assassino, in passato dichiarò di non conoscere la vittima, per l’esperto dovrà spiegare come quelle tracce sono finite sugli indumenti della ragazza, proprio mentre dalle indagini emergono altre prove sulla sua presenza vicino alla casa di Yara il giorno e alle ore della sua scomparsa. «Abbiamo scelto di approfondire il tema del femminicidio dal duplice punto di vista psicologico e giuridico - ha dichiarato la presidente del sodalizio Carla Tavasani - in quanto lo riteniamo, oggi come ieri, uno degli obiettivi della filosofia che ha ispirato la nascita della nostra associazione internazionale» Accanto a lei sul tavolo dei relatori Pasquale Linarello, già al Ris con il generale, Maria Luisa Mammano, psicologa, le avvocate Laura Luzzato Guerrini e Elisa Sottosanti, quest’ultima in veste di moderatrice. Davanti al numeroso pubblico convenuto a Palazzo Attems il generale Garofalo ha elencato i dati raccapriccianti del fenomeno: ogni 2-3 giorni in Italia viene uccisa una donna fra i 25 e 50 anni, dal 1991 al 2011 i delitti sono passati dall’11% al 31%. «È tempo che venga creato un fondo per le donne-vittime di violenze - ha sottolineato Garofalo - . Una garanzia di solidità economica per aiutare le donne, renderle libere di denunciare visto che oggi solo il 7% lo fa, le altre sottostanno al ricatto economico dell’uomo. Fondi che potrebbero servire anche per formare le professionalità e competenze mancanti nei settori coinvolti, dalle forze dell’ordine alla sanità e ai servizi sociali». Nell’82 per cento dei femminicidi l’assassino fa parte della famiglia, sette donne su 10 uccide si erano già rivolte alle istituzioni per denunciare. Spesso dunque molti sanno, ma sotto stimando si arriva al delitto.
Margherita Reguitti
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