Gesuiti via da Gorizia dopo 400 anni

di Roberto Covaz
«Nel 1936 le autorità li volevano ricacciare da Gorizia, ma la città si oppose. A Trieste, in questi anni, hanno ravvivato la loro presenza con l’arrivo di diversi giovani sacerdoti. A Gorizia, invece, cosa è stato fatto per mantenere la secolare presenza dei padri gesuiti?».
Non le manda a dire don Luigi Tavano, punto di riferimento della cultura religiosa goriziana e autore di svariati libri. Non le manda a dire ed effettivamente pone una serie di riflessioni che dovrebbero stimolare, in primis, la Curia e le autorità politiche. Perché la prossima scomparsa dei gesuiti da Gorizia avviene in silenzio, quasi nel disinteresse della città. Eppure se Gorizia, nel seicento, si è trasformata da borgo arrampicato attorno al castello a una città di scienza, cultura e religione lo si deve proprio ai gesuiti.
Ma senza tornare tanto indietro come tacere dell’esperienza, comunque straordinaria, del centro Stella Matutina? Lì si è formata la classe dirigente goriziana. Uomini per la gran parte confluiti nella Democrazia Cristiana, ma pure nei partiti della sinistra. Su Stella Matutina i giudizi sono i più disparati, pure non mancano i detrattori, ma è indubbio che ha iniettato nella città una linfa vitale.
I gesuiti fanno la loro prima comparsa a Gorizia nel 1615. La città all’epoca è poca cosa; anzi, non è una città. I padri trovano una diffusa ignoranza, soprattutto nel clero. Istituiscono seminario e scuole pubbliche e in pochi decenni Gorizia diventa un punto di riferimento culturale. La chiesa di Sant’Ignazio (prima pietra 1654) è opera loro. Accanto sorge il seminario; oggi ne resta una parte.
Nel 1773 con bolla papale viene soppresso l’ordine dei gesuiti. Ma prima di andarsene cambiano volto alla città. Il Travnik - oggi piazza Vittoria - ne diventa il cuore e resterà tale fino alla seconda metà dell’ottocento, quando Gorizia si allungherà verso le fumanti locomotive in arrivo alla stazione Meridionale (1860).
I gesuiti tornano a Gorizia nel 1866; il Friuli passa all’Italia e tra i primi provvedimenti del “Piemonte” (come con disprezzo veniva apostrofato dagli austriaci il neonato regno) c’è quello di sbarazzarsi dei preti. Negli anni del Risorgimento i sacerdoti sono considerati nemici; non si contano i supplizi tremendi patiti da tanti preti di campgna. Così i gesuiti in fuga da Udine approdano trafelati nella Gorizia ancora austriaca. Ci restano anche dopo le prima e seconda guerra mondiale; resistono come detto alla cacciata del 1936 e proprio in quel periodo cominciano a modellare il centro Stella Matutina. È un centro religioso ma non solo; non è esagerato ricordarlo come l’università di Gorizia. Forma - qualcuno potrebbe dire plasma - la “miglior gioventù” goriziana. Sia come sia tra un po’ dei gesuiti a Gorizia si dovrà parlare solo al passato. «Almeno qualcuno raccolga in un memoriale la loro storica presenza in città», raccomanda don Luigi Tavano.
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