Giacomo Scotti, la voce che i poteri forti hanno provare a spegnere

«Oggi può sembrare una banalità, ma all'epoca ci parve molto importante la comparsa sul nostro giornale delle prime pubblicità di prodotti di bellezza e igiene come “Solea” o “Perion”: “polvere speciale per lavare tessuti fini, senza concorrenza sul mercato”». Siamo nella Jugoslavia attorno al 1955, e a fare questa osservazione niente affatto banale, anzi indicativa di una acuta sensibilità verso i segni dei tempi, è Giacomo Scotti, il prolifico e discusso autore di tanti saggi storici attorno all'Istria e alla Dalmazia che, arrivato all'età di 85 anni, ha ora deciso di dare alle stampe la sua autobiografia: “Per caso e per passione” (Lint editoriale, pagg 226, euro 16).
La storia di ogni vita è degna d'essere raccontata, ma forse per alcune è quasi un dovere darne testimonianza, come quella davvero eccezionale di Giacomo Scotti, un autodidatta enciclopedico che l'ostinazione ed i casi della vita hanno portato a vivere controcorrente i grandi eventi che hanno segnato la storia degli ultimi settant’anni delle terre della ex-Jugoslavia.
Scotti ha vissuto nella direzione opposta l'esodo che tra il 1945 e il 1951 vide migliaia di italiani abbandonare la terra istriana. Lui fece il percorso inverso: dalla nativa Campania emigrò nella “terra del socialismo”. Scelta che condivise con un manipolo di altri connazionali, spesso operai, comunisti ed ex-partigiani, provenienti in particolare da Monfalcone.
Fin dall'inizio quella di Giacomo Scotti è stata la voce di uno scomodo cronista che cantava decisamente fuori dal coro. Non stupisce che – come racconta diffusamente nella sua biografia - sia entrato e uscito dal carcere per motivi politici con una certa frequenza.
Il libro si apre con una lunga ricostruzione di generazioni di vicende familiari per arrivare, infine, alla nascita nel 1928 del futuro scrittore a Saviano, non lontano da Nola, che diede i natali a Giordano Bruno e, del più famoso nolano, Scotti ha certamente ereditato la verve polemica.
L'indigenza e le sue precoci adesioni all'antifascismo ed al comunismo lo spinsero, giovanissimo, a emigrare nel 1947 in Istria, convinto che nella Jugoslavia di Tito avrebbe potuto vedere realizzati i suoi ideali politici. Un'ingenuità pagata con l'ostracismo proveniente dai fronti più disparati e col carcere. Nonostante non avesse all'epoca neanche terminate le scuole superiori, riuscì da subito a occuparsi di giornalismo, lavorando a “La Voce del Popolo” prima nella sede di Fiume e poi nella redazione di Pola, e dedicandosi contemporaneamente alla poesia e alla saggistica storica.
In un paese dove si registrava un forte sciovinismo anti-italiano, l'ostentata italianità, creò a Scotti non pochi problemi, altri se li andò a cercare da solo, come quando fu cacciato dal partito e dal giornale per aver malmenato la sua prima moglie.
Retaggio maschilista meridionale? Irruenza giovanile? Frustrazione per un matrimonio che stava andando a rotoli? Sta di fatto che le pagine di questa autobiografia dedicate alla vita privata appaiono o reticenti o stereotipate. Dopo un secondo matrimonio, a Giacomo Scotti viene definitivamente vietata l'attività giornalistica a seguito di un complotto ordito a suo danno da colleghi de “La Voce del Popolo”.
L'accusa, questa volta era di essere un agente della controinformazione e quindi nemico della Jugoslavia. Scotti trova però lavoro in fabbrica e seguita a scrivere ed a tradurre in italiano dal serbo croato (che ha ormai assimilato come sua seconda lingua) le liriche dei poeti jugoslavi.
Tra gli anni '60/'70, anche dalle pagine della rivista “La Battana” di cui fu collaboratore fin dai primi numeri, inizia un importante lavoro di mediazione culturale tra le due sponde dell'Adriatico per la diffusione in Italia dell'opera di poeti e romanzieri jugoslavi, in particolare per nomi quali Miroslav Krleža e Ivo Andric.
Attratto fin dall'età di diciotto anni dal sogno jugoslavo incarnato da Tito, al Maresciallo, che conobbe personalmente e seguì durante alcune visite all'estero, Scotti ha dedicato poesie che l'hanno bollato di filo-titoismo.
Accusa ribadita all'uscita dei suoi saggi dedicati ai partigiani italiani in Jugoslavia, come “Ventimila caduti” (1967), o del “Dossier foibe” (2005) che gli ha valso accuse di revisionismo storico da parte della destra neofascista italiana.
In quel libro Scotti contestualizzava gli eventi del 1943 in Istria cercando di andare oltre il negazionismo e la tesi del genocidio nazionale portata avanti dalla destra italiana. Scotti rileggeva invece le stragi delle foibe anche alla luce dei crimini perpetrati in Jugoslavia durante gli anni dell'italianizzazione e ricostruiva come l'odio seminato dallo stato italiano, monarchico e fascista, non avesse portato che altro odio, vendette, abusi, soprusi e - soprattutto - odio per tutto ciò che era italiano.
Ma, come racconta in “Per caso e per passione” i suoi problemi non finirono lì. Reazioni dalla sponda opposta jugoslava le ebbe in occasione della pubblicazione del suo pionieristico saggio “Goli Otok. Ritorno all'Isola Calva” (1991) seguito da “Il gulag in mezzo al mare. Nuove rivelazioni su Goli Otok” (2012), in cui descrive l'inferno del sistema concetrazionario jugoslavo che ospitò i “nemici interni”, ovvero quanti tra il 1948 e il 1953 non appoggiarono la nuova linea antisovietica “titoista”. Non stupisce che a finire in quei gulag vi furono tanti italiani.
Questo “vulcanico” internazionalista, che dal 1986 vive tra Trieste e Fiume, ha dovuto infine assistere allo sfaldamento della sua Jugoslavia, e in libri come “Operazione Tempesta” (1996) o “Storie di profughi e massacri. Un diario dall'ex-Jugoslavia” (2001), non ha mancato di testimoniare i crimini commessi dalla Croazia durante il conflitto, ricevendo dai neo-ustascia l'accusa di essere filo-comunista e nemico dei croati.
“Per caso e per passione” si chiude proprio con i ricordi della sua collaborazione con associazioni umanitarie italiane nella gestione dei campi profughi a Fiume e nella gestione degli aiuti alle vittime della guerra nella ex-Jugoslavia. Una vita non banale, quella di Giacomo Scotti: un testimone e un protagonista di un'epoca da non dimenticare.
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