Gialletti da record e zero porcini nell’estate anomala dei funghi

Stagione in ritardo di un mese rispetto al passato. Gli appassionati puntano tutto sulla seconda metà di settembre. Ovuli e mazze di tamburo tra i grandi assenti
Un raccoglitore di funghi davanti a un porcino
Un raccoglitore di funghi davanti a un porcino

TRIESTE. «Annata decisamente anomala. I gialletti da record, i porcini si fanno attendere». Esperti e semplici appassionati concordano: la stagione dei funghi è iniziata in ritardo, circa un mese, ha visto sin qui il trionfo del Cantharellus Cibarius (il galluccio, il galletto, il gialletto a seconda delle zone) e l'assenza pesante del Boletus Edulis, il re del bosco. Ennio Furlan, originario di Pieris, compagno di scuola di Fabio Capello, chef di lunga data, presidente dell'associazione Micologia e Botanica udinese, una grande passione anche per le erbe, aggiunge un'ulteriore particolare: «Contrariamente al solito, quando la prima buttata di fine giugno riguarda le zone basse, quest'anno siamo dovuti salire oltre i 1.500 metri per trovare i primi porcini».

Nemmeno tanti. Per i gialletti, invece, tutto come da aspettative, perfino meglio. «Li si è visti un po' ovunque, a luglio e poi ancora ad agosto». E settembre? «La stagione dei porcini deve ancora arrivare, così come quella di vari altri funghi - dice Furlan -. Ma non mancano in questi primi giorni di settembre segnali confortanti: in una recente escursione in Val Saisera ho osservato per esempio abbondanza di Cantharellus Lutescens, i finferli. Speriamo che l'acqua di qualche giorno fa possa risvegliare anche i porcini. Sempre che il vento non asciughi tutto».

Del resto il mese di agosto è quello del caldo, spiega Furlan, sono le piogge settembrine che allungano la raccolta fino a metà ottobre. Quando arrivano anche i chiodini». E dunque è in questi giorni che i primi funghi, gialletti a parte, iniziano a vederli anche gli appassionati.

Antonio Ceschiutti, udinese, ha in mano la tessera numero 195, l'anno è il 2001, pochi mesi dopo l'approvazione della legge 12/2000, "Disciplina della raccolta e della commercializzazione dei funghi epigei nel territorio regionale". Le prime volte con il cestino furono in prossimità di Sauris con il gruppo della parrocchia, quando ancora non esisteva alcuna legge in materia: la micologia in Friuli Venezia Giulia ha iniziato a ricevere attenzione negli anni Novanta. Quindi una conoscenza sempre più approfondita dei boschi dell'Alto Friuli, ma anche di quelli oltre confine, di Austria e Slovenia.

«Quest'anno la situazione è sostanzialmente simile nell'arco transfrontaliero - spiega Ceschiutti -. I primi porcini nei posti abitualmente frequentati dai cercatori sono spuntati una decina di giorni fa in Carnia, nell'area di Paluzza. Speriamo che si possa recuperare ma, sin qui, il Boletus Edulis è stato il grande assente di questa estate». All'occhio più attento non è però sfuggito il fatto che, gialletti a parte, sono mancate anche altre varietà. «Sono state di fatto invisibili le russole, le caperate, le mazze di tamburo, queste ultime molto ricercate in Carso».

Questione di annata, appunto, un po' strana. Mentre è fenomeno consolidato, da almeno una decina d'anni, la scomparsa in regione dell'Amanita Caesarea, l'ovulo, conosciuto dall'antichità come il più buono dei funghi, «che ormai si trova raramente nel Cividalese ed è invece ancora presente in Austria e Slovenia». Nulla di troppo diverso per il Boletus Aureus, il porcino nero. Ancora presente, ma raro e comunque solo dai 1.500 metri in su, è poi il Pinicola, la versione rossa del porcino.

Si parte con un mese di ritardo rispetto al solito, ma non tutto è perduto. Anzi. «Dopo il 15 settembre potrebbe essere una buona annata», dice Michele Vuerich, guru tra i cercatori di funghi friulani. Il pronostico non differenzia le zone: dal cividalese alla Carnia, dal Sappadino all'Austria (il suggerimento è partire da Feistritz, subito dopo il confine, fin quasi il Salisburghese), «ci saranno soddisfazioni». Fermo restando, avverte, che «quando si va a funghi, non si può mai essere sicuri di come si tornerà a casa». Troppe variabili per costruire regole generali. «A incidere sono diversi fattori: la luna, il sole, la pioggia, la cura che l'uomo ha avuto per il bosco - sottolinea Ceschiutti -. Messe insieme le informazioni, è comunque difficile ricavarne certezze. Semplicemente, si va e si prova». Sperando che i meno esperti dimostrino la cultura della ricerca. La scomparsa di alcune varietà è appunto dovuto alla caccia indiscriminata. La legge pone i paletti dei 3 chili al giorno per evitare che, in periodo di abbondanza, il bosco venga messo sotto assalto. Massima cautela, naturalmente, anche per quel che riguarda la commestibilità del fungo. «Tassativo rivolgersi all'esperto - incalza Vuerich -. Se è vero che in regione le specie mortali non sono così diffuse, basta un solo esemplare per rovinare intere famiglia. Chi che sa el tase, chi no sa el parla, el mona el sa tuto...».

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