Trieste piange Gianfranco Orel, segretario e anima del Partito socialista
Si è spento a 87 anni. Il ricordo di Roberto De Gioia: «Se il Psi esiste ancora a Trieste, lo dobbiamo esclusivamente a lui»

«Se il Partito socialista esiste ancora a Trieste, lo dobbiamo esclusivamente a lui, a Gianfranco. Dopo il terremoto del 1993 lui non ha mollato, ha mantenuto il simbolo, è andato avanti, socialista dall’inizio alla fine». Roberto De Gioia, camaleontico evergreen della politica triestina, ricorda così l’ex compagno di partito, nonché collega in Municipio e stretto amico Gianfranco Orel, da molti anni segretario del Partito socialista a Trieste, scomparso a 87 anni.
Orel, che lascia la compagna Regina, la figlia Erica e i due nipoti, ha lavorato in Comune, prima come impiegato e poi come dirigente, occupandosi di servizi anagrafici e successivamente di politiche dello sport, quando assessore competente era proprio De Gioia. Di lui, nel giorno della commozione e dei ricordi, si rammenta che era laureato in Economia, alpino, sportivo e innamorato – anche per sincero attaccamento ideologico – di Cuba, meta immancabile di viaggi ogni anno, l’ultimo nel 2024 (negli anni Novanta aveva fondato l’associazione made in Trieste Italia-Cuba).
Ma di lui si ricorda soprattutto la sua inscalfibile fede socialista, sopravvissuta – anzi, se possibile rinvigorita – dopo il funerale del Psi craxiano negli anni Novanta. «Rimanemmo tutti orfani del partito – racconta De Gioia –. Io e molti altri decidemmo di prendere strade nuove, lui invece rimase strenuamente lì, fermamente deciso a portare avanti il progetto socialista in città, con un manipolo di militanti».
Tra i primi a ricordare Orel, un altro militante nelle fila del partito del garofano rosso a Trieste, Gianfranco Carbone. «Gianfranco Orel è stato un socialista che non ha mai rinnegato l’idea», commenta. In un panorama politico sempre più mutevole, «la sua presenza è rimasta costante, anche se silenziosa, come custode di un’eredità politica e culturale che non andava dimenticata». Insomma, evidenzia Carbone, «è stato l’emblema di una generazione che non ha barattato la propria coerenza con le convenienze del momento».
Tra le passioni, come ricorda ancora De Gioia, il legame incrollabile con Cuba: «Attraverso l’associazione, della quale anch’io facevo parte, organizzava varie iniziative. Negli anni Novanta avevamo promosso la raccolta e la distribuzione di aiuti all’isola sotto varie forme, in particolare in ambito sportivo; avevamo partecipato con una delegazione triestina alla maratona di L’Avana, eravamo stati nella capitale con l’Edera».
Orgoglioso del suo passato da alpino, era spesso a Tarvisio, dove fino a pochi mesi fa lo si vedeva sciare o in sella alla bici. E ancora oggi dava una mano nella sezione locale degli Alpini.
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