Gli assassini di Lignano fuggiti in taxi dopo l’omicidio

LIGNANO. «Sembravano due ragazzi tranquilli. E la corsa con loro a bordo è stata uguale a tante altre. L’unica cosa strana era stata la rapidità con cui mi avevano richiamato per tornare a prenderli: una quindicina di minuti appena, dal momento in cui li avevo lasciati a Latisana». Per Gennaro Corvino, 49 anni, napoletano trapiantato in Friuli, a Latisana, dove lavora nel “Consorzio Radio Taxi Lignano” della moglie, scoprire di avere caricato sul proprio taxi gli assassini dei coniugi Burgato e di averlo fatto soltanto pochi minuti dopo che avevano lasciato la scena del massacro, è stata una sorpresa a dir poco sconvolgente.
Nessun sospetto
Sono stati gli investigatori a dargli la notizia. Lui, da quella notte tra il 18 e il 19 agosto, non si era accorto di nulla. Sapeva del duplice omicidio, ma non lo aveva collegato a niente, tanto meno ai suoi due giovani clienti. «Domenica scorsa (il giorno del fermo di Lisandra, ndr), verso le 11 - racconta Corvino - ho trovato i carabinieri davanti casa. In caserma, mi hanno mostrato le loro foto e ho riconosciuto soltanto lui, dalla stazza. Lei, invece, non la ricordavo: è una ragazza che passa abbastanza inosservata». La paura è arrivata dopo. «Mi ci è voluto un po’ - ammette - per realizzare il pericolo che ho corso».
Il viaggio a Latisana
Sono circa le 2.30. Lisandra è ferma davanti alla postazione dei taxi, in piazza Fontana. Corvino non si accorge di lei e tira dritto. In sella a una bici, la giovane gli corre dietro per un centinaio di metri. «Abbiamo contrattato sul prezzo - spiega il tassista -. In genere, per una corsa notturna fino a Latisana, prendo 50 euro. Ma lei ha insistito e io, per non perdere tempo e visto che dall’abbigliamento non mi sembrava tipo da possedere molti soldi, ho ceduto su 35 euro. Prima di partire, però, l’ho seguita fino in viale Italia, dove la aspettava il fratello. Lui si è seduto davanti, lei dietro. Lungo il tragitto hanno parlato poco: era soprattutto lei a fare domande, ma la conversazione era in spagnolo e non ho capito niente».
Il pacco che non c’è
Arrivati a Latisana, dove gli avevano detto di doversi recare per ritirare un pacco, Corvino li lascia un po’ prima della stazione. Paga Reiver. «Poi, girando l’auto - dice - li ho visti che imboccavano la strada vicino alla scuola elementare». Prima di andarsene, il tassista consegna loro il biglietto da visita. Un quarto d’ora dopo, quando è ormai all’altezza della rotonda di Lignano, suona il cellulare. ”Dobbiamo tornare indietro”, mi dicono. La cosa mi è parsa un po’ strana - ammette - e ho pensato a qualcosa di losco: per esempio, a una consegna di droga. Anche perchè, a quell’ora, a Latisana non c’è niente di aperto. Ma, come all’andata, erano tranquilli e con le mani vuote. Pagati altri 35 euro, ho lasciato lui nella stessa via Italia e lei in via Latisana». Cioè vicini alle rispettive abitazioni.
La fuga mancata
Nell’interrogatorio davanti al pm, Claudia Danelon, e al comandante del Nucleo investigativo, Fabio Pasquariello, Lisandra aveva spiegato che a Latisana erano andati per guardare gli orari dei treni. E in effetti, il giorno dopo l’omicidio erano partiti entrambi alla volta di Salerno. L’idea degli inquirenti è che, se avessero trovato un treno in partenza, River e Lisandra sarebbero fuggiti già quella notte stessa. Ma anche che, se solo il tassista avesse nutrito qualche sospetto e si fosse rivolto ai carabinieri, molto probabilmente il caso - essendo rimasta peraltro traccia del numero di cellulare di Lisandra sui tabulati - si sarebbe chiuso nel giro di poche ore. E prima che “Rei” avesse il tempo di rifugiarsi a Cuba.
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