Gomba›: «Mi dissocio dai soci fondatori»

L’autocritica del primo presidente del movimento: «Ci siamo persi dietro agli azzeccagarbugli»

«Scettico? Molto scettico. Sono molto critico nei confronti di tutto». Sandro Gomba› (Giombi), primo presidente del Movimento Trieste Libera, si dissocia. Si dissocia anche dai soci fondatori che il 31 maggio scorso hanno dato vita al Mtl2, presidente Vito Potenza. Una dissociazione pesante visto che Gomba› è uno dei sei personaggi “border line così stupiti da credere in una Trieste Libera” (sua la definizione) che nell’estate nell’estate del 2011 si sono ritrovati sul Molo IV e hanno dato vita al Movimento Trieste Libera. Roba da manicomio. «Ci ritrovammo nel settembre successivo: io, Arlon Stok, Stefano Ferluga, Adriano Ciacchi, Roberto Giurastante e il desaparecido Gaetano Dato. Buttammo giù uno statuto in tre giorni in un corridoio di via Palestrina», ha raccontato Gomba›. I quasi 3 mila soci e le 8mila persone scese in piazza il 15 settembre del 2013 è storia di dopo. Quella di questi giorni è invece quella di una movimento schizofrenico, scisso in due. Un vero capolavoro. «Non capisco più niente. Ci siamo persi dietro agli azzeccagarbugli. Sbagliato lasciare la sede in ostaggio di Giurastante e Parovel che sembrano avere sotto controllo la situazione», dice sconsolato Gombac che si è pure presentato all’assemblea del Teatro Bobbio, ma non è potuto entrare. «Non è stata un’assemblea. E stata un discorso monotematico sul bilancio della sagra e sui 60mila euro mancanti». L’autocritica in triestino di Gomba› è impietosa: «Voi bele frasi, leggi, diritti ecc. Lori puntualmente i li smantella. Me disocio in toto de sti indormenzadi del novo diretivo de Trieste Libera del 31 maggio e anche del resto dei soci fondatori. Come la metemo? Ve manca solo che la bandiera de Trieste con padre Pio». Ironia per ironia. «È da settembre del 2013 che ben individuabili onesti dirigenti e collaboratori del Mtl, quello di Vienna e del 15 settembre, sono accusati pubblicamente delle peggiori nefandezze, con conseguenti spiacevoli se non irreparabili ripercussioni anche sui loro cari - scrive il primo presidente -. Il tutto è avvenuto solo e unicamente in seguito ad un crescendo di volute calunnie e falsità atte a screditare per invidia l'inestimabile valore del loro operato, neppure lontanamente paragonabile, in termini di capacità, di lavoro e di consenso con l'attuale funerea catacomba di piazza della Borsa. Non essendo il sottoscritto un bacia banchi e non credendo al "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te", tanto più dopo aver visto il macello a cui sono state sottoposte persone oneste che credevano nella causa indipendentista, auguro di nuovo a chi ha generato il disastro, di subirne le conseguenze, con tanto di interessi». La dissociazione è l’atto finale di Gomba›: «Ultimo, ma non per importanza: non faccio parte nè di Mtl1 nè di Mtl 2». Tertium non datur. (fa.do.)

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