Gorizia, dirigente della Provincia vince la causa risarcimento milionario

Dopo 11 anni clamoroso epilogo del siluramento di Giuseppe Esposito dalla giunta Brandolin. Gherghetta: «Il suo reintegro è una delle ipotesi»
Bumbaca Gorizia Giuseppe Esposito
Bumbaca Gorizia Giuseppe Esposito

L’ex funzionario dirigente della Provincia Giuseppe Esposito non doveva essere licenziato né assegnato ad incarichi inferiori al suo ruolo.

L’ha sentenziato la Corte di Cassazione chiudendo, dopo undici anni di procedimento, lo scottante caso che vide contrapposti Esposito e la giunta provinciale guidata da Giorgio Brandolin. Ora la Provincia trema: rischia di un pagare un risarcimento da un milione di euro. L’esito della sentenza è giunto ieri al Palazzo della Provincia. Si attende invece il deposito delle motivazioni.

Dei tre procedimenti ancora aperti due sono stati conclusi, appunto, dalla Cassazione. Riguardano il ricorso di Esposito contro il demansionamento e il licenziamento. Resta in piedi un terzo filone, fermo al primo grado, relativo alla richiesta di quantificare meglio i danni avanzata da Esposito a causa del licenziamento. In attesa di leggere le motivazioni il gelo è calato sugli uffici provinciali. Il presidente Gherghetta ieri mattina ha studiato a lungo la pratica assieme ai legali della Provincia. E al termine della riunione non era affatto di buon umore. Anzi.

Esposito era stato licenziato dalla giunta provinciale nel gennaio del 2003. La motivazione indicata dall’esecutivo indicava che tra le parti era ormai venuta meno la fiducia dopo che Esposito aveva denunciato il presidente Brandolin, l’assessore Minin e l’allora segretario Calligaris per mobbing. Il relativo processo aveva però accertato la totale estraneità dei tre alle contestazioni.

La sentenza della Corte di Cassazione innesca un meccanismo molto pericoloso per la Provincia. È indubbio che ora il coltello dalla parte del manico l’abbia Esposito, attualmente in pensione, che potrebbe decidere di essere reintegrato sul posto di lavoro o chiedere un risarcimento di tale portata da mandare in fallimento la Provincia.

Di qui l’estrema prudenza e concretezza delle dichiarazioni del presidente Gherghetta: «Prima di tutto va chiarito che da parte mia e della mia giunta non c’è mai stato alcun ostracismo nei confronti di Esposito. Una volta analizzata la motivazione della sentenza della Cassazione ritengo che la decisione più saggia da adottare sia quella di chiedere un incontro con Esposito per sondare quali sono i suoi orientamenti. Siamo di fronte a una sentenza definitiva e non ci sono margini per agire se non accettarla con serenità e rispetto della giustizia. Non escludo nulla a priori, nemmeno il reintegro in pianta organica di Esposito». Il clima di contrapposizione che si era determinato tra Esposito e il presidente Brandolin era palpabile nei corridoi del Palazzo della Provincia. Nella discussione del processo di primo grado era emerso che Esposito «aveva raccolto dichiarazioni, poi utilizzate in quel processo, girando nell’ambiente di lavoro con un registratore nascosto tenuto sempre acceso».

«Così pregiudicando la serenità dell’ambiente di lavoro», aveva sottolineato l’avvocato Riccardo Cattarini che con il collega Piergiovanni Alleva di Bologna aveva sostenuto la Provincia nella causa di lavoro. Per contro Esposito sosteneva che il suo licenziamento fosse stato deciso per motivi politici, a causa del suo legame con la giunta della Lega Nord che in precedenza aveva retto la Provincia.

Insomma, un intreccio di veleni e di antipatie ben difficile da dipanare. Resta il consueto sbigottimento nell’osservare che un procedimento giudiziario possa durare undici anni prima della sua conclusione.

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