«Gorizia va bene così è al passo coi tempi Creda in se stessa»

«Garantito il necessario a noi ragazzi, la città deve puntare di più su turismo, ma anche su industria e commercio»
Di Stefano Bizzi
Bumbaca Gorizia 31.07.2015 Andrea Tomasella èStoria Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 31.07.2015 Andrea Tomasella èStoria Fotografia di Pierluigi Bumbaca

Cominciamo subito con uno stereotipo: si dice che Gorizia sia una città per vecchi. Dal punto di vista di un ventottenne è così?

Secondo me Gorizia non è mai la stessa, cambia di giorno in giorno.

Cosa intendi con “cambia di giorno in giorno”? In meglio o in peggio?

Il cambiamento può essere sia positivo sia negativo. La mia opinione è che la differenza la fanno le persone. Se c'è qualcuno che ha voglia di fare e di rischiare, di non accontentarsi, allora vuol dire che la realtà di Gorizia può essere vissuta. Per quanto mi riguarda, in questa città vivo benissimo: rischio di metterci radici.

I giovani hanno voglia di rischiare?

Sicuramente. Hanno voglia di innovare, di tentare. Hanno solo bisogno di maggiore fiducia.

Il Punto giovani in questo aiuta?

Sicuramente. È un centro di aggregazione da cui sono nate centinaia di attività.

I ragazzi lo frequentano e lo sfruttano?

Premesso che io il Punto giovani lo frequento come pubblico e che non ho alcuna carica né istituzionale quando vado, vedo molti giovani. C’è chi gioca ai videogame, chi legge libri, chi chiede consigli per trovare lavoro, chi va nella sala multimediale. Secondo me è frequentato. Io stesso ne ho potuto usufruire per creare mostre, concerti, eventi.

Ma i ragazzi si sentono rappresentati dalla città?

La verità è che sono le persone che rappresentano la città. Il discorso andrebbe considerato dall’altro punto di vista: sei tu che ti metti in gioco per la città, non è la città che si deve mettere in gioco per te. Sono loro a doversi mettere in gioco e non accontentarsi per paura del cambiamento.

In questo contesto come mettiamo la collaborazione del Gruppo comunicazione giovani con èStoria?

èStoria è stata una grande vetrina, un’opportunità; quanto di meglio ci si poteva attendere da un festival culturale per dei giovani che volevano mettere alla prova le proprie capacità. Ci è stato permesso di avere a che fare con l’organizzazione di un festival di livello nazionale e di collaborare con professionisti del settore. Non avremmo potuto aspettarci di meglio.

In questo caso da dove è arrivata la fiducia?

Innanzitutto, dall’organizzazione di èStoria, dagli Ossola, ma anche da Enrico Vinti e Alessia Capasso che hanno curato i rapporti con noi; poi dagli operatori del Punto giovani che hanno moderato tutti i tavoli da febbraio in poi; senza dimenticare l’amministrazione comunale, nelle vesti dell’assessore Stefano Ceretta che ci ha concretamente aiutato. È stata una sinergia che ha funzionato, l’abbiamo dimostrato nella Tenda giovani e poi anche con la presentazione della nostra “Gazzetta di èStoria”.

A proposito di digitale, è sufficientemente digitale questa città o ha bisogno di una spinta?

Questo è un tema importantissimo. Bisogna sempre tenere a mente la dimensione nella quale si abita. Ovvero, è inutile voler fare il passo più lungo della gamba. A Gorizia la situazione è perfetta. Nell’area centrale della città “Guglielmo” è un sistema ormai utilizzato da tutti quelli che hanno uno strumento digitale; abbiamo festival come Pixxelmusic che fanno del digitale uno dei punti di forza o come il mapping in piazza Vittoria o l’Inisible cities urban multimedia festival. Questi sono tutti esempi di una città che è al passo con i tempi. Anzi sta dettando un po’ il trend per la zona in cui viviamo.

Tu hai detto che a Gorizia rischi di mettere radici. Hai amici che invece se ne sono andati in cerca di maggiori opportunità?

Il trasferimento all’estero, in realtà, è più una conseguenza della crisi economica globale. Non è un fenomeno che interessa localmente la nostra città. È un fenomeno sociale. Per quanto riguarda Gorizia, credo si stiano usando tutti gli strumenti a disposizione per far rimanere qui le persone. Si sta garantendo il necessario ai goriziani.

Tra industria, artigianato, turismo e tecnologia, cosa vedi più nel futuro di Gorizia?

Senza offendere nessuno, ritengo che il turismo sia una delle peculiarità di Gorizia. Io sono fortunato perché mi piacciono le passeggiate e mi piace la storia. Poi ci sono tantissime altre cose, che suppongo si possano valorizzare. Certamente, però, non si può puntare tutto sul turismo. Chiaramente ci deve essere anche un settore commerciale che funzioni, ci deve essere anche l’industria che dia lavoro e permetta poi alle persone di spendere i soldi in città.

Cosa vuoi dire a Gorizia?

La vedo come una città straordinaria, per certi aspetti unica. Penso alla sua posizione e alla sua storia. Le direi di ritornare a credere in sé stessa e di desiderare le cose in maniera da avverarle. Voglio dire: iniziamo a fare prima ciò che è possibile e necessario. Improvvisamente ci ritroveremo a fare ciò che prima sembrava impossibile.

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