Grignano, via due binari I treni non si fermano più

La biglietteria, la sala d’aspetto e l’ufficio movimenti della stazione di Grignano sono sprangati. Il servizio ferroviario venne soppresso nel 2010 e oggi l’edificio è cancellato dalle mappe delle Fs. La stazione, che sorge in via del Pucino 10, si compone di quattro appartamenti, fue dei quali abitati da altrettante famiglie di ferrovieri. All’epoca in cui i treni si fermavano (treni locali, chiamati poi regionali) gli alloggi erano tutti occupati: in parte dal personale dello stesso fabbricato, in parte da alcuni dipendenti di Trieste centrale.
La stazione-rompitratta di Grignano è di costruzione austriaca e fu a servizio dell’Impero fino allo scoppio della Grande guerra. Vide la luce nel 1857 - anno di nascita della linea Meridionale o Südbahn, la quale le corre tuttora davanti - ed era dotata di quattro binari. Un secolo e mezzo più tardi, con l’attuazione della politica di risparmio chiamata "rete snella", le Ferrovie italiane hanno rimosso due di questi. Il risultato dell’operazione è che oggi un qualsiasi guasto lungo i 13 chilometri dello stradone di ferro che separano Trieste da Bivio d’Aurisina sarebbe fatale ai collegamenti da e per la nostra città, interrompendo le comunicazioni con Udine e Venezia. Non solo. L’isolamento toccherebbe anche il porto, dal momento che, superata la stazione di Grignano in direzione di Trieste, l’unico accesso al waterfront sull’Adriatico via rotaia è la linea di Cintura, tratta sotterranea adibita al trasporto merci che collega la “centrale” col terminal di Campo Marzio.
Ciò che non è abitato dell’edificio di Grignano, è lasciato a un’incuria tremenda. Si dice che le Ferrovie (proprietarie del fabbricato) affittino gli appartamenti ma non rispondano della manutenzione. A tre anni dall’inizio dei lavori di declassamento delle rotaie, le traversine di cemento non sono mai state rimosse dallo scheletro ancora visibile del primo binario. Che è diventato un cimitero di rifiuti: i treni hanno lasciato spazio a grossi bulloni di ruggine, lattine, bottiglie, confezioni di latte e tubi di plastica. Sulla banchina che si disegna intorno alla stazione degli spettri di Grignano, un’aiuola affonda nella sterpaglia e una panchina di legno è divorata dalle erbacce. A pochi passi si tratteggia un’antica fontana circolare consegnata alla natura e ai rifiuti: al suo interno, una pattuglia di pesci rossi nuota in un fondale di scatolette d’alluminio e mattoni. Un piccolo cartello, inclinato di una decina di gradi, affiora dall’erba incolta con la dicitura “Uscita” che si intravede ancora. Una giungla di sterpaglia copre le scale che scendono sottoterra e conducono verso la Costiera.
Negli alloggi dei dipendenti dell’antica stazione di Grignano 37 anni fa nacque Alessandro Cassese. Figlio e nipote di ferrovieri, l’uomo abita ancora al pianoterra dell’edificio perduto di via del Pucino. Cassese evoca i giorni grandi della stazioncina, quando prendeva il treno per andare a Trieste. «Frequentavo l’istituto Carli – ricorda - e arrivavo in stazione centrale in una manciata di minuti». Erano gli anni Novanta e i treni fermavano ancora lungo i quattro binari del fabbricato. «L’assassinio di Grignano»: così l’ingegner Roberto Carollo, per quasi un quarto di secolo dirigente del settore nuove costruzioni delle Ferrovie, definisce il declassamento attuato dalle Fs. Bivio d’Aurisina ha un solo binario di manovra e ciò significa che non vi possono essere precedenze contemporanee in un verso e nell’altro. Grignano, invece ne aveva due, ma questo non bastò a salvarla dal macero. «Il fabbricato – spiega Carollo - sta a Trieste come la stazione di Lambrate sta a Milano centrale e quella di Tiburtina a Roma Termini. Sopprimere loro i binari di precedenza – osserva - significherebbe correre il rischio di isolare le due città. Il che è impensabile». A Trieste, invece, l’operazione si è compiuta e la gloriosa stazione-porta di Grignano è stata condannata a scomparire.
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