Guerra del pesce, le cooperative raddoppiano

Doz: due nuovi punti vendita in centro prima di Natale. Addetti dalle barche ai banconi
«Le pescherie e tutto il mondo del commercio ci attaccano ferocemente e vogliono farci chiudere, ma noi abbiamo la testa dura e per tutta risposta raddoppiamo». In mezzo alla tempesta che si è abbattuta in questi giorni sui banchi vendita di piazza Ponterosso e piazzetta Belvedere, pur presi d’assalto dai triestini, Guido Doz presidente regionale dell’Agci pesca, che raggruppa l’80 per cento delle cooperative, si mette ora alla testa di un vero e proprio assalto dei pescatori alla città con un annuncio clamoroso: «Apriremo altri due punti vendita in pieno centro prima di Natale».


Si prospetta dunque per le Feste e poi a seguire una vera e propria rete parallela di vendita di pesce al dettaglio. Doz si fa paladino di un nuovo tipo di commercio che salta una serie di passaggi tra grossisti, intermediari e dettaglianti per arrivare alla vendita con prezzi inferiori. «Come noi - afferma - potranno farlo i coltivatori, i produttori di carni e di salumi. È il Farmer market, un modello propugnato dal Governo Prodi, devo ammetterlo pur da uomo di destra».


È stato l’assessore di Forza Italia Paolo Rovis a insediare il Farmer market triestino in piazza Ponterosso, una struttura che però prima dell’installazione, due settimane fa, del chiosco del pesce, stentava a decollare. «Tra le sette e mezza del mattino e le due del pomeriggio - spiega Doz - qui in qualche giorno arriviamo a vendere tremila chili di pesce. Giorni fa due anziani in fila si sono picchiati a sangue per il posto e abbiamo così dovuto adottare gli eliminacode con i numeri. In due settimane abbiamo servito diecimila persone. «È vero che da quando è arrivato il banco del pesce sono aumentate le vendite sia nei chioschi circostanti, che nei negozi e bar attorno a piazza Ponterosso», ammette Rovis.


Ora però il Farmer market marino viene clonato in giro per la città. «Abbiamo rilevato due pescherie in pieno centro e le trasformeremo in nostri punti vendita. Contiamo di aprire prima di Natale». Non solo, è probabile che lo spazio in piazza Ponterosso, in base a autorizzazione comunale già rilasciata, raddoppi con vendita anche di pesce già cucinato, mentre occasionali presenze avverranno anche all’interno dei mercatini rionali sparsi per le periferie.


Ce n’è abbastanza per mettere in ginocchio la rete delle pescherie tradizionali che già dieci giorni fa hanno comperato una pagina sul Piccolo per mettere i consumatori in guardia contro i «Pescatori Pinocchio» accusati di non vendere il proprio pescato, ma anche pesce surgelato. «Vendiamo pesce pescato da noi e dagli altri pescatori della regione - specifica Doz - e poi orate e branzini di allevamento, quello pescato nelle valli di Grado e Marano, ma anche pesce estero, da Francia, Spagna, Slovenia, Croazia, appena arrivato e selezionato da noi come ad esempio gli astici che vengono dal Canada e gli scampi dalla Norvegia».


La crisi dei consumi, legata alla recessione internazionale che ha già raggiunto tutti i settori marittimi, stava per dare la mazzata finale alla pesca in provincia. Mentre nel nostro golfo si pesca sempre di meno, la concorrenza, in particolare da Croazia e Slovenia, aumenta per cui negli ultimi mesi hanno chiuso tre cooperative: Venezia-Giulia, Azzurra, Anna.


«La mia cooperativa, la Sirena - spiega Doz - aveva debiti in banca, non riusciva a pagare i contributi Inps ai dipendenti, non poteva pagare le bollette per i frigoriferi al Mercato ittico dove l’Acegas ci aveva tolto la corrente. Ora sta rimettendo tutto in sesto grazie alle vendite in piazza Ponterosso. Preventivamente con le pescherie avevamo fatto due tentativi. Dapprima chiedendo che ci pagassero di più il pesce, ad esempio i sardoni due euro al chilo, ma non ci hanno mai voluto dare più di 70, 80 centesimi. Poi chiedendo che assumessero qualcuno dei nostri nelle pescherie. Ci hanno detto di no anche su questo. Vogliono la guerra, e guerra sia».


I pescatori triestini hanno progettato così una svolta epocale. Nei prossimi mesi, grazie agli speciali contributi statali, sarà rottamata metà della flotta che oggi, suddivisa soprattutto tra Trieste, Muggia e il Villaggio del Pescatore, conta ottanta tra pescherecci e barche. Dei duecento pescatori oggi in attività, una sessantina si trasformeranno in venditori. I punti vendita infatti si moltiplicheranno a raggiera e ai quattro di Trieste se ne aggiungeranno altri singoli a Monfalcone, Gorizia, Udine, Pordenone e perfino a Lienz in Austria. Alcune altre persone che oggi sono impegnate di notte sulle barche verranno spostate a lavorare nel Laboratorio di trasformazione di prodotti ittici che sta per essere aperto nei locali del Mercato del pesce all’ex Gaslini.


«Il mercato globalizzato e le pescherie valorizzano solo certi esemplari come orate e branzini - spiega Doz - noi riproponiamo sapori tradizionali e prodotti locali dimenticati, pesci dai nomi talvolta vernacolari: guati, menole, suri, angusigoli, bobe. E poi valorizziamo anche le colture locali di mitili. In piazza Ponterosso qualche giorno vendiamo dieci quintali di pedoci, mentre nelle pescherie si vendono mitili che vengono dalla Spagna».


Ma i pescatori sostengono di essere ora tartassati da controlli quotidiani nei nuovi punti vendita da parte delle più disparate forze dell’ordine e dei più vari organismi deputati ai controlli dal punto di vista igienico-sanitario. «La Capitaneria di porto - riferisce Doz - mi ha fatto una multa di 1.100 euro perché sulla tabella con i prezzi al pubblico avevo scritto sardoni. Lo so che per regolamento i nomi devono essere in lingua italiana e dunque tra parentesi dovevo scrivere alici, ma me ne ero scordato e non pensavo fosse così grave».


L’offensiva dei pescatori è bypartisan. Il punto vendita di piazzetta Belvedere, il primo ad aprire con una settimana d’anticipo rispetto a quello di piazza Ponterosso, è gestito da Salvatore Pugliese rappresentante di Legacoop, organizzazione molto più a sinistra rispetto all’Agci. Il fronte però non è compatto al cento per cento e la concorrenza e le rivalità interne alla categoria sono forti.


«Recentemente non ho ricevuto alcuna minaccia verbale - racconta Doz - ma l’atmosfera è tesa all’interno della stessa nostra categoria, tra noi e le pescherie, tra noi e il mondo del commercio in generale. In passato ci sono stati numerosi atti di ritorsione che hanno coinvolto anche me: barche affondate, magazzini incendiati, tentativi di dar fuoco a qualche peschereccio, allevamenti di mitili danneggiati dolosamente, pneumatici delle automobili tagliate. Anche quella barca bruciata domenica al Villaggio del Pescatore mi mette inquietudine. È un ambiente molto difficile questo della pesca. Sto molto attento, utilizzo guardie giurate per sorvegliare gli incassi e i furgoni, ma non sono affatto tranquillo».

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