I 50 anni della Rai: «Ma lo spartiacque fu il terremoto del ’76»

Giornalisti “storici” della sede regionale: «La prima tragedia raccontata in diretta, così ci avvicinammo alla gente»
Di Giulia Basso
Foto Bruni 08.10.14 Capitaneria Porto:incontro sul navigare sicuri
Foto Bruni 08.10.14 Capitaneria Porto:incontro sul navigare sicuri

Il 6 maggio 1964, alla presenza dell'allora presidente del Consiglio Aldo Moro, fu inaugurata la sede Rai regionale di via Fabio Severo. Sono passati 50 anni in cui la Rai del Friuli Venezia Giulia ne ha affrontati, di cambiamenti: da quelli tecnici ai palinsesti e ai contenuti. A raccontarli c’è la mostra a palazzo Gopcevich, inaugurata mercoledì scorso, “Che storia, la Rai…”. Ma a rendere unico questo mezzo secolo di storia del servizio pubblico locale furono soprattutto le tante figure di giornalisti, programmisti, registi, annunciatrici, attrici, tecnici e cineoperatori che lavorarono per l’emittente, contribuendo a renderla punto di riferimento per l’unità regionale e fedele specchio di un territorio complesso e variegato come quello regionale. Tra i tanti ricordi di Maurizio Calligaris, giornalista storico della sede regionale Rai, così come dei suoi colleghi Augusto Re David e Giorgio Cesare, ce n’è uno indelebile. E riguarda una tragedia che cambiò le sorti della popolazione della regione e rivoluzionò il modo di fare informazione in tv: il terremoto del ‘76. «Ha rappresentato uno spartiacque per l’informazione tv – spiega -: fu il primo cataclisma che la tv, allora ancora in bianco e nero, potè raccontare praticamente in diretta. Si andava e si tornava dai luoghi del terremoto nella sede di Trieste tre-quattro volte al giorno. Si lavorava in pellicola, che andava sviluppata e inviata a Roma per i tg nazionali. Proprio da Roma ci fornirono i mezzi per i primi collegamenti in diretta».

«Ricordo molto bene il giorno del terremoto – rammenta anche Giorgio Cesare, ex giornalista e programmista regista Rai ora quasi novantenne -: quella notte in Rai non ci fu un attimo di tregua, impegnati com’eravamo per rintracciare l’epicentro». Quel 6 maggio del ’76 fu una giornata particolare anche per il giornalista Augusto Re David: il suo esordio in Rai avvenne proprio con il terremoto del Friuli. «Quel giorno ero al lavoro nella sede di piazza della Borsa del Gazzettino di Venezia. Mi chiamò Guido Botteri (prima caporedattore e poi direttore della sede Rai regionale, padre di Giovanna): domani presentati in Rai, mi disse, che abbiamo bisogno di te. Tutti i redattori Rai si erano catapultati nei luoghi colpiti dal sisma. Passai la notte in bianco per decidere che fare, ma la mattina dopo ero lì: non potevo farmi sfuggire l’occasione».

Del terremoto si parlò a lungo, la Rai seguì anche tutta la fase della ricostruzione: «Raccontammo all’Italia la rinascita di queste terre – spiega Calligaris -: ci recavamo quotidianamente a documentare le esperienze della popolazione nei piccoli comuni. Fu l’avvenimento che ci avvicinò di più alla gente. Negli anni ’70 la Rai era elitaria, salottiera: fu la tv regionale a farle cambiare volto, ad avvicinarla sempre più alla gente e al territorio».

La sede Rai di Trieste fu fin dall’inizio un’unicità nel panorama delle sedi regionali: Trieste, ricorda Giorgio Cesare, all’epoca era una città diversa, il confine era una realtà che si percepiva in modo forte. La Rai regionale oltre al ruolo di collante tra il Friuli e la Venezia Giulia, era anche un osservatorio privilegiato per l’Est Europa. Non è un caso, fa notare Calligaris, che tra gli storici corrispondenti Rai da Mosca ci fossero Demetrio Volcic e Sergio Canciani. «Per noi certe cose, come il fatto di avere una redazione italiana e una slovena, fanno parte della quotidianità. Ma ricordo le telefonate con i colleghi del nazionale all’epoca della guerra nell’ex Jugoslavia: l’Italia era completamente impreparata, i giornalisti ci ponevano le domande più disparate».

Anche gli italiani dell’Istria, ben prima del crollo del regime comunista, trovarono spazio alla Rai regionale: «Come primo incarico da programmista regista nell’85 mi diedero proprio i programmi per l’Istria – racconta Marisandra Calacione -, che all’epoca pur se pensati per gli italiani d’oltreconfine non parlavano dei loro problemi. Decisi di farlo io, anche se allora erano argomenti decisamente delicati. Nell’87 già parlavamo di foibe e di esodo, dei rimasti e dei tornati. In questo senso possiamo davvero dire che la Rai svolse la funzione di memoria storica di un popolo».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo