I cent’anni del manicomio la “rivoluzione” di Gorizia

Nel 1911 nasceva in città il “Francesco Giuseppe I”. Mezzo secolo dopo, ecco l’arrivo di Basaglia. Domani un convegno ricorderà gli avvenimenti

di Marco Bisiach

Cento anni fa nasceva a Gorizia il manicomio. Cinquant'anni esatti dopo, ancora Gorizia protagonista di una rivoluzione, quella di Basaglia e della libertà del malato. Due anniversari tondi, che coincidono in questo 2011, e che verranno ricordati entrambi domani, con uno sguardo rivolto al futuro, in un’iniziativa promossa dalla Consulta regionale dei disabili e dall'Unione regionale delle associazioni per la salute mentale (Urasam).

La storia Per ritrovare le origini di questo percorso bisogna tornare agli albori del secolo scorso. Tra fine Ottocento ed inizio Novecento la crescente attenzione della società verso l'assistenza dei bisognosi iniziò a porre il problema della condizione dei malati di mente. All'epoca, nella Gorizia austriaca, tutti i ricoveri psichiatrici erano affidati all'Ospedale Fatebenefratelli, che però riusciva a malapena a rispondere alle richieste d'aiuto dei malati che si trovavano, viste anche le ristrettezze economiche del momento, in condizioni di ospitalità tremende. Per quasi 20 anni la Dieta provinciale discusse la questione psichiatrica, tra polemiche e dubbi, restando però inerme. Finché si decise la costruzione di un manicomio, quasi rivoluzionaria per l'epoca, e apposite commissioni vennero incaricate di scegliere area e tipologia per la nuova struttura, interpellando anche architetti e luminari della psichiatria dell'epoca.

L’inaugurazione Così, nel 1911, in via di San Pietro – l'odierna via Vittorio Veneto – venne inaugurato il manicomio provinciale Francesco Giuseppe I, con ampi padiglioni separati (ma servizi centralizzati) che si alternavano a spazi verdi. Un edificio moderno e funzionale, all'avanguardia per quegli anni, dotato anche di una colonia agricola che lo rendeva autosufficiente dal punto di vista alimentare. Aperto con 350 posti letto, nel giro di un paio d’anni raggiunse quasi quota 500, con una presenza media di 400 pazienti e un movimento di 650 accoglimenti all'anno, con un organico di 4 medici, 36 infermieri e 37 infermiere. La Prima Guerra mondiale interruppe l'attività del manicomio, che venne distrutto per poi essere ricostruito dallo Stato italiano nel 1933.

La rivoluzione Ma se per i primi del Novecento il “Francesco Giuseppe I” era un salto in avanti, a mettere in evidenza tutta l'antichità e le contraddizioni della struttura manicomiale fu, nel 1961, Franco Basaglia. Psichiatra veneziano, Basaglia vinse a Gorizia il concorso per la direzione dell'ospedale psichiatrico, dove le cose iniziarono subito a cambiare: niente più contenzione fisica, elettroshock, cancelli e lucchetti a porte e finestre. I malati iniziarono ad essere liberi di passeggiare, magiare all'aperto, esprimersi. Una rivoluzione che poi si completò nell'esperienza basagliana a Trieste, dopo il 1971, e l'introduzione della legge 180 del maggio 1978 che chiuse l'epoca dei manicomi.

Il convegno Passaggi e momenti, questi, che verranno ricordati e analizzati nella manifestazione di domani, con inizio alle 9 al Palazzo del Cinema di piazza Vittoria. Qui, davanti agli studenti delle ultime classi delle superiori goriziane, verrà presentato l'interessante studio di due laureate, Emanuela De Giorgi e Valentina Sciarratta, che hanno intervistato oltre 400 studenti di Gorizia, Monfalcone e Trieste, indagando il loro rapporto con la “diversità”.

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