I cent’anni tra divani e librerie del mobilificio Camponovo di Trieste

TRIESTE È trascorso esattamente un secolo da quando Ruggero Camponovo, titolare dell’omonimo negozio di mobili aperto in via Battisti 33, aspettava il tram a pochi passi dalle sue vetrine, per poi andare a consegnare a domicilio, a bordo dei mezzi pubblici, un comodino, una sedia, un appendiabiti. Aveva avviato da poco l’attività, perché la licenza è datata 19 agosto 1919, e il suo entusiasmo per la nuova impresa era notevole. Trieste si era appena affacciata, dopo la prima Guerra mondiale, a nuovi orizzonti commerciali. L’Istria rappresentava un mercato interessante e Ruggero Camponovo di Antonio, come recita la licenza emessa dalla Camera di commercio, era un giovane intraprendente. Oggi, quell’eredità è portata avanti da due imprenditori, Doriano Carli e Gemma Tamburlini, entrambi geometri, che si sono specializzati nell’arredamento, ma particolarmente orgogliosi di continuare, nella sede di corso Italia, una tradizione che affonda le sue radici nella storia stessa della città.
I Camponovo infatti erano originari della Svizzera e, come molti loro connazionali, erano mobilieri per vocazione secolare. La scelta di Ruggero di insediare l’attività a Trieste era dettata proprio dalla volontà di vivere in una terra attraversata da grandi cambiamenti. Il ricordo più suggestivo è quello di Doriano Carli: «Ero un ragazzo – ricorda – e d’estate davo una mano a quella che, all’epoca - parliamo degli anni ’70 -, era la torrefazione Argentina, oggi bar Para. Sostituivo assieme a un amico, Salvatore Fichera, che poi ho ritrovato nella vita per altri interessi comuni, i garzoni titolari e portavo il caffè ai negozi e negli uffici della zona del viale XX Settembre. Una delle destinazioni – precisa – era proprio il mobilificio Camponovo di via Battisti. L’atmosfera era straordinaria: c’era una signora seduta alla scrivania, che tutto il giorno compilava ordini e fatture, a mano ovviamente, con estrema precisione e una bella calligrafia. Accanto c’erano gli operai che preparavano gli imballaggi. Fu in quei frangenti che conobbi i titolari, ma era lungi da me l’idea che un giorno sarei diventato il titolare dell’azienda».
Invece fu proprio così. Poco più di un decennio dopo, alla fine degli anni ’80, Doriano Carli venne a sapere che la proprietà, passata nel frattempo di mano dai Camponovo, oramai tutti deceduti, ad una società, voleva vendere. «Ho comprato il mobilificio - dice oggi Carli - e l’ho gestito per 40 dei suoi 100 anni».
Nel tempo le sedi sono cambiate: nel 2004 fu chiuso lo spazio di via Battisti e ne venne aperto uno nuovo in viale XX settembre. Infine l’ultimo trasferimento nell’attuale collocazione di corso Italia. L’inaugurazione è di cinque anni fa, esattamente il 9 dicembre 2014. «Se penso a ciò che mi raccontavano i vecchi titolari dell’azienda originaria – sottolinea Carli - sembra di parlare di un altro mondo. Nella prima metà dello scorso secolo i mobili erano diversi, come diverse erano le esigenze della clientela. Oggi – evidenzia – è fondamentale recuperare spazio, sfruttare i centimetri, privilegiare la funzionalità, anche se l’aspetto estetico ha sempre la sua importanza». In sostanza si fa più progettazione che esposizione.
L’esperta è la giovanissima Gemma, fulcro dell’attività. «Allo schermo del computer del negozio - dice - si può costruire virtualmente qualsiasi situazione, immaginare scenari, composizioni, cambiando colori e dettagli». Dalle consegne col tram a oggi il mondo si è trasformato. —
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