I cervi abitano in Carso: 60 gli “stanziali”

Bressi: timidi e non pericolosi, dalla Slovenia si sono stabiliti nel territorio provinciale Tre i nuclei riproduttivi, il più cospicuo nella riserva naturale del monte Lanaro
Di Riccardo Tosques

Il bramito del cervo nei boschi triestini non è più leggenda. Lo splendido animale selvatico che può raggiungere i 130 chilogrammi di stazza per oltre un metro di altezza è oramai realtà consolidata. «Secondo stime accertate stiamo parlando di almeno una sessantina di capi che oltrepassata la Slovenia hanno deciso di rimanere nel nostro territorio provinciale», racconta Nicola Bressi, direttore dei Musei scientifici di Trieste. Un fenomeno particolarmente suggestivo per la bellezza degli esemplari che si aggirano pacificamente in Carso, ma che pare già aver dato qualche grattacapo agli agricoltori dell'altipiano. Sono passati 15 anni da quel clamoroso incidente stradale che sulla statale tra Opicina e l'ex valico di Fernetti causò un inedito frontale tra un automobilista e un cervo. Oggi l'imponente palco di corna di quel mammifero è conservato al Museo civico di Storia naturale. «Quello è stato l'incidente con gravi conseguenze per il conducente, ma sappiamo di investimenti tra Opicina e Trebiciano e persino sul valico dell'Ospo, a Muggia», racconta Bressi.

Individui erratici, i maschi tendono a girovagare nella provincia, ove ci sia un bosco tranquillo. È possibile dunque imbattersi in un cervo nelle aree verdi sopra Barcola, oppure a Prosecco, ma anche più verso il livello a mare come nelle zone boschive di Muggia. «Si pensa che il cervo sia un animale prettamente di montagna. Non è affatto così. Basti pensare che esiste una grande colonia di animali nel ferrarese, vicino al Po», prosegue Bressi.

In territorio triestino i cervi, dopo aver fatto diverse incursioni dalla Slovenia per poi tornare nella vicina Repubblica, hanno ora trovato il loro habitat naturale in almeno tre aree distinte del Carso. Vi sono tre nuclei riproduttivi. Una ventina di capi si trova in zona Duino Aurisina, vicino al Monte Ermada, nella fascia che va da Ceroglie sino a Doberdò del Lago. Il nucleo più piccolo invece conta una decina di esemplari e gravita attorno al Monte Cocusso, nell'area tra Basovizza, Grozzana e Pesek.

Ma il nucleo più grande si trova nella riserva naturale del Monte Lanaro, a Monrupino, in una dorsale molto più ampia che va dall'ex valico di Comeno (Duino Aurisina) fino appunto al territorio di Monrupino. A testimoniare queste presenze, oltre agli avvistamenti durante il giorno, le fototrappole notturne utilizzate dagli appassionati.

Se il fascino di questi animali è indiscutibile, non si può certo non fare i conti anche con i possibili incontri a tu per tu con questi animali che sono grandi circa tre volte rispetto al capriolo. «I cervi sono animali timidi e assolutamente non pericolosi per l'uomo - puntualizza Bressi - anche se un maschio (l'unico ad avere il palco, a differenza delle femmine, ndr) in amore mentre bramisce può essere imprevedibile, quindi meglio non avvicinarsi troppo. Sicuramente può recare danni, ben maggiori di caprioli e cinghiali, alle zone degli agricoltori. E in proposito qualche segnalazione è già arrivata». Quanto infine alla coesistenza con gli altri mammiferi, i cervi, data la loro grande stazza, sono avvantaggiati. «Questo sicuramente può essere visto come un lato positivo - conclude Bressi - perché se ci sono più cervi, e il numero potrebbe aumentare, significa che ci sarà sempre meno spazio per caprioli e cinghiali».

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