I due volti del “micropaese” tra borse della spesa e silenzi
Al mattino il comprensorio brulica di vita grazie al via vai nei grandi uffici Ma quando cala il buio, corridoi e passaggi diventano completamente deserti

“C’era una volta in via Stock un’oasi di pace e di aggregazione per l’intero rione”. Potrebbe essere questo l’incipit di un’ipotetica favola triste dedicata a quel “microcosmo” di Roiano. Sì perchè, a sentire i residenti, esiste il concreto rischio di dover assistere al progressivo svuotamento del comprensorio che ospitava un tempo la fabbrica dell’azienda di liquori. Oltre alle crepe negli edifici che ne minacciano la stabilità, la zona, a detta degli abitanti, è da tempo affetta pure da un’altra “patologia”: «Adesso c'è gente che viene a pranzo e a fare spesa. Ma tutto ruota attorno alla presenza degli uffici di Genertel e dell’Agenzia delle Entrate. E se, come si sente dire in giro, queste due realtà si trasferiranno altrove nel giro di qualche anno, c’è il rischio che la zona muoia lentamente».
Già ora pare essere difficile avviare delle attività commerciali e alcuni negozi “coraggiosi” - tra cui una profumeria, un’agenzia di viaggi e una birreria - hanno dovuto chiudere. Tra quelli ancora aperti, dal salone dei parrucchieri “Evos”, la moglie del titolare Daniela Serschen afferma: «La mattina la zona è molto viva, anche troppo, ma dopo una certa ora diventa un deserto». Infatti, dopo le 20 non ci sarebbe più vita e nessuno in giro, seppur pare che si possa tranquillamente uscire da soli senza correre rischi anche ad orari tardi. Oltretutto, ogni mattina è una lotta continua per la conquista di un posteggio per la macchina tra gli impiegati della Genertel e i clienti del supermercato, in attesa che si concretizzi la promessa del Comune di realizzare un parcheggio interrato.
Proprio dopo aver combattuto per il loro posteggio quotidiano, i giovani Gioele Tirello, Emiliana Provenzale e Lorenzo Baschiera fanno colazione al bar prima di iniziare il loro turno. Come molti altri impiegati della Genertel, anche loro scelgono il bar “C’era una volta”. Il locale è al centro del comprensorio ed è il luogo dove i Roianesi amano fermarsi per chiacchierare e discutere. Come un nutrito gruppo di residenti che al loro tavolo si stanno interrogando proprio sullo stato di salute della zona, che definiscono «il paese nel paese». Marina Horak, Lucio Puntin, Franco Novel con il professor Roberto e l’ex-banchiere Pino raccontano che tutti gli abitanti nei dintorni convergono qui e che quando manca qualcuno ci si chiama a vicenda per sapere lo stato di salute dell’assente. Raccontano inoltre che fino a qualche tempo fa si erano creati dei bivacchi al piano superiore dell’ex fabbrica, che si raggiunge tramite un ascensore oppure salendo delle scale mobili (ma immobili da tempo immemore). Poi sono stati sgomberati e attualmente la notte i cancelli per raggiungere quelle zone vengono chiusi e la vigilanza privata sorveglia i dintorni. «Ora incontro sempre le guardie giurate ed è molto raro che veda qualcuno salire o scendere quelle scale», racconta la barista del “C’era una volta” Jessica Crusiz, che vive nel quartiere da 10 anni e da due e mezzo lavora nel locale, alzandone le serrande alle 5.45 e abbassandole alle 22.30 in base ai turni. Lei, che forse più di tutti conosce via Stock, descrive la zona così: «Ci conosciamo tutti e siamo come una grande famiglia. Qui è tutto tranquillo, una sorta di oasi nel centro».
Graziella Olivo vive da circa 60 anni nel quartiere e lo descrive a sua volta come un luogo molto tranquillo, forse anche troppo. Scherza infatti sull’età media dei residenti: «Siamo quasi tutti vecchietti». A proposito di ciò, seduta accanto a lei ad un tavolino, sua figlia riflette: «magari sarebbe bello creare un centro per anziani, come quello a San Luigi, per incontrarsi, giocare a carte e mangiare assieme». «Peccato – aggiunge - sia quasi vuoto il piano di sopra, così come l’intero posto non è mai “decollato”. È talmente bello che è uno spreco».
Se un giorno la realtà di via Stock dovesse divenire davvero solo una favola, probabilmente si racconterà: c’erano una volta persone che spingevano carrelli e trasportavano le buste della spesa di ritorno dalla Pam. C’erano una volta quelli che andavano o venivano dal distretto sanitario, arrancando con le stampelle sotto le braccia o leggendo il contenuto delle diagnosi tra le mani. C’erano una volta, conosciuti da tutti e parte integrante della “fauna” locale, il musicista di strada Florin, di origine rumena e che suonava con una regolare licenza la sua fisarmonica fino a mezzogiorno, e il venditore ambulante Zoozoo, senegalese da 7 anni a Trieste ma che si definisce “roianese doc”. Quando in quartiere gli chiedono in dialetto come stia, lui risponde quasi sempre «oro», il suo modo di dire “bene”. Anche se, aggiunge ridendo: «
Son roviná: lavoro come un bianco e guadagno come un nero
». Infine, c'era una volta il bar “C'era una volta”. Ma, si spera, che ci sarà ancora, come tutto il resto del comprensorio di via Stock.
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