I gemelli Trushi come Lupin ma qui l’Arma li ha incastrati

Inafferrabili per molti, ma non per tutti. I fratelli albanesi Eduard ed Edmond Trushi, ribattezzati dalla stampa nazionale i “gemelli Lupin”, perché facendosi scudo con la genetica, che li vede identici per dna in quanto omozigoti, sono riusciti a uscire impuniti dai tribunali, risultano essere una vecchia conoscenza per i carabinieri di Monfalcone. Che, a differenza di quanto accaduto in altre realtà settentrionali, hanno saputo inchiodare almeno uno dei due, per la precisione Edmond, alle proprie responsabilità, strappando in aula una condanna a 4 anni e 6 mesi in primo grado per furto aggravato, poi confermata e anzi elevata in appello a 5 anni e 5 mesi. Se vi sia stato ulteriore ricorso in Cassazione al momento non è noto.
Comunque fin qui a nulla è valso l’espediente di giocare sulla somiglianza in tutto e per tutto, perfino taglio di capelli e tatuaggi, allo scopo di insinuare il ragionevole dubbio su chi materialmente avesse compiuto la razzia: i militari di via Sant’Anna, con un certosino lavoro di ricostruzione di tabulati, individuazione di celle telefoniche e scrupolosi rilievi dattiloscopici sono riusciti con precisione a dare un volto all’autore dei colpi riscontrati in abitazioni private a Ronchi e Monfalcone tra il 4 e il 5 giugno 2015 e poi la successiva sera dell’11.
La vicenda dei gemelli Trushi è salita recentissimamente alla ribalta della cronaca, con ampio servizio su La Repubblica e altre testate, dopo che Eduard, il cui dna analizzato dai Ris era stato isolato su una Mercedes inseguita da una gazzella e poi abbandonata in aperta campagna nei dintorni di Porcia, si era presentato davanti al giudice col gemello Edmond. E siccome il patrimonio genetico è speculare, di fronte alla sola prova del dna, la toga non aveva potuto fare altro che assolvere. Stesso copione, alcuni giorni fa, a Verona. Ennesimo verdetto di non colpevolezza per una violenta rapina in casa a Nogarole Rocca. Anche qui l’indizio decisivo si è sviluppato tutto sul dna: una goccia di sudore repertata su un cappellino perso dal bandito. E di nuovo la tesi difensiva: è davvero possibile stabilire si tratti di Eduard se un’altra persona, Edmond, ha il medesimo profilo genetico?
Nelle indagini monfalconesi, invece, si è rivelata decisiva la tecnica investigativa a 360 gradi: i carabinieri, come riferito ieri dal comandante Daniele Panighello hanno sì isolato il dna, risalendo a Edmond Trushi, ma poi hanno ricostruito anche spostamenti e acquisito tabulati telefonici. Incrociando i dati sono riusciti a dire che proprio di quel gemello si trattava perché hanno dimostrato inconfutabilmente come il fratello nel medesimo lasso si trovasse in Albania. Inoltre sono riusciti a rintracciare un’impronta digitale, unico elemento di distinzione tra due gemelli omozigoti. Un’imprudenza, per Edmond Trushi, essersi sfilato o non aver indossato i guanti, un errore da principiante per chi conduce vite al limite.
Prezioso anche lo scambio di informazioni e il contributo dei carabinieri di Cuneo che stavano già col fiato sul collo della coppia (nel 2015 la procura di quella provincia aveva contestato un centinaio di furti tra Piemonte e Veneto, procedendo anche al sequestro di 24 mila euro in contanti, 5 orologi Rolex in oro, diamanti e altri gioielli per un valore complessivo di 300 mila euro, come riportato dalla stampa nazionale).
«Prima o poi – commenta il maggiore Panighello – tutti i nodi arrivano al pettine». –
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