«I miei 107 anni? Per favore parliamo di musica e pittura»

Cecilia Seghizzi non festeggerà oggi il compleanno a Grado ma a Gorizia. «Non sono un esempio, solo una persona positiva»
Di Margherita Reguitti

Oggi, diversamente dagli altri anni, Cecilia Seghizzi Campolieti ha deciso di trascorrere il suo compleanno nella casa di Gorizia e non nel buen retiro di Grado. Certo 107 primavere sono già di per sé un fatto straordinario, ma lo sono ancor di più la freschezza, la vivacità e l'energia di questa donna e artista moderna, curiosa, garbata e molto indipendente. Ha percorso da protagonista il secolo breve, intellettuale stimata oltre i confini della città e del Paese per la fermezza e chiarezza delle sue posizioni e il valore della sua opera di violinista, direttrice di cori, compositrice e pittrice. E' sempre infastidita quando si tocca il tasto dell'età. «Non sopporto che si parli di me per la mia lunga vita, io ho voglia di parlare di musica, di pittura, di filosofia, scambiare opinioni e riflessioni su cosa sta accadendo nel mondo della cultura, sapere quali sono le novità». Taglia corto anche sul segreto della sua longevità: «La progettualità è il mio segreto. Io non vivo nel passato ma nell'oggi, o meglio nel futuro nella giornata di domani che mi porterà cose nuove da vedere e fare. Ecco perché mi piacciono i giovani, con la loro voglia di cambiare e sperimentare. Loro, con la loro energia, salveranno questa Gorizia che non gode di buona salute, da quanto vedo e sento». Certo il dna di Cecilia contiene geni "super" ma lei il fisico l'ha sempre allenato a una vita sana di movimento, lunghe passeggiate in montagna e nuoto. «Devo fare i conti con gli acciacchi alla mia età, ma se la testa funziona il corpo le va dietro».

La sua casa è un salotto, un crocicchio di persone diverse, tutte molto affezionate, amiche da lustri. Assolutamente necessario far precedere la visita da una telefonata per non rischiare affollamenti. Ama l'arte della conversazione Cecilia, e sapiente padrona di casa individua gli argomenti più adatti per l'ospite, in modo che si trovi a proprio agio, ma lei predilige parlare di arte: «Dipingere per me significa evadere, le note di un violino sono per me uniche, uno strumento assoluto». L'ultima personale un anno fa mentre in autunno il presidente dell'associazione "Seghizzi" Italo Montiglio allestirà, nella sede di corso Verdi, una mostra multimediale di quadri, partiture e ascolto di musiche. L'idea è piaciuta a Cecilia che collaborerà alla scelta di dipinti e musiche. Il mondo di Cecilia è sempre stato un connubio di ritmi e di colori: «Se parliamo di musica ritengo che sia l'arte creativa per eccellenza. Ogni volta che un brano viene eseguito è unico e irripetibile, mai uguale, sempre differente. Anche la pittura è creazione, ma il suo destino e l'immutabilità del quadro concluso». Nessun rimpianto o desiderio di altre scelte: «Avrei potuto essere solo quella che sono: una musicista. Tuttalpiù avrei scelto il pianoforte al posto del violino».

La natura, come la musica, l'affascina nel suo divenire: «La luce i colori non sono mai gli stessi, le foglie degli alberi, le nuvole il cielo sono uno spettacolo in continuo movimento». I fatti di cronaca di questi mesi, dominati dalle vicende drammatiche di popolazioni che fuggono da guerre e povertà, le ricordano i suoi anni di bambina profuga nel 1915, prima a Pirano, e poi in Austria a Wagna. «Non ho bei ricordi, c'era tanto freddo e povertà, ma almeno noi avevamo il teatro e i concerti, oltre alla scuola che mio padre, stimato dai vertici del campo, allestì per i tanti bambini. Il papà e la mamma facevano di tutto per rendere la vita normale per me e mio fratello». A chi le dimostra stima e ammirazione risponde: «Non mi considero un esempio per nessuno, semplicemente ho un carattere positivo che mi aiuta ad essere ottimista».

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