«I soldi per Globo ora li ha il Comune. La mia colpa? Ho creduto ai politici»

Fulvio Belsasso, alla sbarra per truffa e malversazione, chiama in causa tra gli altri Dipiazza e Cosolini. «I nostri referenti ci dicevano di stare tranquilli». Non ammesse però le testimonianze dei due sindaci
Tommasini -Trieste-Marina-Edificio ERA-Fulvio Belsasso
Tommasini -Trieste-Marina-Edificio ERA-Fulvio Belsasso

«Io quei soldi neanche li volevo, non volevo fosse Globo a gestirli. Meglio sarebbe stato se se ne fosse occupato interamente il consorzio Trieste Science Center, di cui facevano parte anche i nostri stessi enti finanziatori, però è stato deciso diversamente. Quando eravamo indietro con i conti, proprio i referenti degli enti finanziatori ci ripetevano “state tranquilli, è questione di poco tempo”. Il mio vero errore è stato quello di non aver capito e non aver riconsegnato le chiavi dell’immobile di Campo Marzo al Comune, che ne era il proprietario. Io da questa storia non ho tratto profitto, non c’è differenza tra le risorse ricevute e quelle impiegate per il cantiere, ci ho anzi rimesso in soldi personali, decine di migliaia di euro, in immagine e in lavoro perso».

Da accusato ad accusatore. Nell’udienza clou del processo per truffa aggravata e malversazione, nel giorno in cui la difesa ne chiede la deposizione, Fulvio Belsasso racconta dopo tre anni e più di silenzio la sua verità sul naufragio del cantiere di Era. È il museo della scienza che sarebbe dovuto nascere all’ex Centro meccanografico dato dal Municipio in locazione a Trieste Science Center e poi subaffittato a Globo, l’associazione di divulgazione scientifica presieduta da Belsasso, attraverso cui è passato più d’un milione e mezzo di finanziamento di cui il pm Federico Frezza contesta l’utilizzo rispetto alle destinazioni dichiarate: parte del milione erogato dalla Fondazione CrTrieste, 400mila euro dal Fondo Trieste e 215mila dalla Regione. È una verità che chiama in causa gli alti livelli delle istituzioni cittadine di ieri e oggi. Sia chiaro: Belsasso non li accusa di truffa o peculato, ma di averlo illuso, di averlo indotto a perseverare lasciandolo infine col cerino in mano. Già perché quei «referenti degli enti finanziatori» di cui lui parla sono, tra gli altri, e sopra gli altri, Roberto Dipiazza in quanto ex sindaco e a quei tempi «interlocutore per il Fondo Trieste», Roberto Cosolini in quanto sindaco in carica ma anche e soprattutto come «ex assessore regionale alla Ricerca», che prima delle elezioni del 2008 perdute da Illy aveva «specificato che la Regione avrebbe corrisposto per Era un ulteriore contributo da tre milioni mai arrivato», e Alessia Rosolen, che dopo il voto del 2008 successe a Cosolini in quel ruolo. La lista dei famosi snocciolata da Belsasso davanti al Tribunale collegiale presieduto dal giudice Filippo Gulotta e composto dai giudici Mauro Tomassini e Marco Casavecchia - alla presenza, oltre che del pm Frezza, dei suoi avvocati difensori Giulio Quarantotto e Guido Fabretti, del legale d’ufficio di Globo Antonio Zonta, dell’avvocato della Regione Mauro Cossina e dell’avvocato Ivana Busatto dello Studio Borgna per la Fondazione CrTrieste - continua quindi con la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, in quanto pure lei componente della Commissione del Fondo Trieste «assieme ai quattro delegati del Consiglio regionale» nonché il suo attuale assessore al Bilancio Mariella Magistri De Francesco, già capo Ragioneria della Prefettura, «che molto si era spesa per sostenere il progetto di Era» sempre dal fronte del Fondo Trieste.

«Sono un giornalista scientifico - ha esordito Belsasso - e non ho competenza contabile o edilizia. Ho solo cercato di condurre in porto un progetto di cui mi sono trovato al centro». Poi la triangolazione Cosolini-Rosolen-Dipiazza: «Il contributo della Regione a Trieste Science Center annunciato con la Finanziaria 2009 non arrivò. Prima delle elezioni del 2008 c’era un referente, poi un altro. Dopo un anno e mezzo ci fu precisato che non poteva essere liquidato in quanto Trieste Science Center non era stazione appaltante dei lavori, e così fu girato al Comune. Comune che, ad oggi, mai ha utilizzato quel contributo per terminare. È ancora lì, a sua disposizione , ora il progetto è fermo per mancato utilizzo di soldi che ci sono». In attesa però dei quali - sostiene Belsasso - furono effettivamente rendicontati pagamenti per l’avanzamento del cantiere in realtà avvenuti a posteriori o saldati solo in parte. Artifizi «per tenere vivo il progetto aspettando quei tre milioni». Con la Fondazione CrTrieste (in particolare per una fattura da 100mila euro al progettista onorata per 20mila) «non c’era necessità che fosse presentata la quietanza», con il Fondo Trieste «la rendicontazione poteva avvenire al termine delle opere e non a cantiere in corso», ma con la Regione Belsasso ammette «la leggerezza» del datare anticipatamente certe fatture rispetto al pagamento: «Era un momento di estrema confusione, erano gli anni tra il 2009 e il 2010, anni in cui dovevamo ricevere quei finanziamenti e invece solo promesse». Prossima udienza il 13 novembre. Saranno sentiti altri testimoni della difesa, tra cui De Francesco e il fiscalista Massimo Schiraldi. Non sono state ammesse invece dai giudici le deposizioni di Dipiazza e Cosolini, ritenute «superflue».

@PierRaub

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