I tedeschi progettavano a Verdun di dissanguare l’esercito francese

La sesta tappa della camminata lungo il ftonte della Grande Guerra da Londra a Trieste. Al confine tra la Vallonia belga e il Lussemburgo può capitare di imbattersi in qualche sparatoria, perché il traffico di droga è sempre più invadente
L'Ossario di Douaumount
L'Ossario di Douaumount

Nella zona di Aubange, la tappa successiva a Virton nella Vallonia belga, accadono spesso fatti di cronaca spiacevoli. «Qualche tempo fa, soprattutto nella zona del confine con il Lussemburgo, si sono verificate alcune sparatorie», mi racconta Saskia Veerenooghe, giovane giornalista belga che assieme al marito mi accompagna verso la pista ciclabile che seguirò per andare nel Granducato.
«Il traffico di stupefacenti in questa zona è cresciuto negli anni. D’altronde il mercato lussemburghese dello “sballo”, un benessere diffuso e i tanti soldi a disposizione, sono alcune delle ragioni per le quali, sui giornali, capita di leggere notizie di cronaca nera riguardanti Aubange e dintorni».

Quando entro in Lussemburgo la sensazione è esattamente quella che si ha quando si è ancora giovani e si fissano le mappe di un atlante. Sappiamo che è messo nella lista dei paesi piccoli come Andorra e Liechtenstein, che la capitale ha lo stesso nome del paese e che le ultime tre lettere di Benelux provenivano da qua. Nient’altro. La prima Guerra Mondiale qui fu un evento diverso. Il paese venne occupato militarmente dall’esercito tedesco per tutta la durata del conflitto, venendo così violata la sua neutralità. Per la Germania il paese era funzionale vista la vicinanza al fronte e la buona rete ferroviaria di cui disponeva. Durante la guerra, i tedeschi fecero capire che se i lussemburghesi avessero seguito gli ordini, di certo non avrebbero avuto problemi.

Ci resto una notte – ospite di una coppia di corregionali trasferitasi qua per lavoro, Martina Furlan (Trieste) e Alessandro Castellarin (Casarsa) – giusto il tempo di visitare da fuori perché chiuse, le casematte del Bock, complesso di gallerie che anche durante la Prima guerra mondiale ospitarono migliaia di persone.
La Mosella mi abbraccia il mattino seguente e mi porta in direzione Thionville, l’area di passaggio per ritornare a Verdun, via treno da Metz. La chiamano la tomba di Francia. Parlare di Verdun è evocare luoghi simbolo. Un viaggio sulla Grande Guerra senza Verdun non può venir definito tale. Ci resterò alla fine tre notti, decidendo all’ultimo di saltare la tappa di Metz per riuscire a concentrarmi di più su questo luogo dove, nei 300 giorni del 1916, morirono centinaia di migliaia di soldati, in quella che fu la più grande offensiva tedesca tra lo sfondamento della Marna nel 1914 e quella della primavera del 1918. A Verdun l’idea tedesca fu quella di dissanguare goccia per goccia l’esercito francese. Spostare l’attenzione su un luogo simbolo per la Francia significava infliggere sconfitte difficilmente digeribili. Dopo Sedan si era provveduto a realizzare un complesso di 19 forti tutti intorno a Verdun, così da rendere una ipotetica invasione tedesca praticamente impossibile.

Quando arrivo al Fort Douaumont diluvia. Il grigiore del cielo si fonde con il verde acceso delle colline dove le trincee rimangono cicatrici sul suolo di Francia. Il forte oggi è visitabile e basta dare un’occhiata al piaz

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