Il quartetto di scienziati che ha saputo rileggere l’enigma dei buchi neri

Dall’Ictp la medaglia Dirac a studiosi che rappresentano due diverse generazioni. Il direttore Atish Dabholkar: «Illuminati degli aspetti straordinari del mondo fisico»

Giulia Basso
L'esterno della sede Ictp di Miramare
L'esterno della sede Ictp di Miramare

Gary Gibbons, Gary Horowitz, Roy Kerr, Robert Wald: sono il quartetto di scienziati che ha trasformato i buchi neri da enigmi impenetrabili in chiavi di volta per decifrare i segreti dell'universo, dalla gravità allo spazio-tempo fino alla fisica quantistica.

Il Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam (Ictp) ha assegnato loro la prestigiosa medaglia Dirac 2025, riconoscimento attribuito annualmente l’8 agosto, nell’anniversario della nascita di Paul Dirac, il genio britannico che per primo intuì come l'universo nasconda le sue verità più profonde nelle equazioni più ardite.

«La loro ricerca dimostra come esplorazioni puramente teoriche possano illuminare aspetti straordinari del mondo fisico, anche senza una guida diretta dall'osservazione», sottolinea il direttore dell'Ictp Atish Dabholkar. Quattro maestri che hanno composto la sinfonia della gravità, usando i buchi neri come banchi di prova per le teorie più audaci della fisica moderna. Il gruppo rappresenta due diverse generazioni di fisici teorici: Kerr appartiene alla "età d'oro" della relatività generale degli anni Sessanta del ’900, gli altri tre hanno contribuito agli sviluppi successivi della teoria gravitazionale e quantistica.

I profili

Oggi novantunenne, Roy Kerr, dell’Università di Canterbury, ha aperto la strada nel 1963 con una scoperta fondamentale: l'equazione matematica che descrive i buchi neri rotanti. La sua "metrica di Kerr" non era solo un elegante esercizio teorico, ma la chiave per comprendere come questi oggetti trascinino lo spazio-tempo nel loro movimento. Oggi, quando Ligo rileva onde gravitazionali di buchi neri che si scontrano, usa le fondamenta matematiche gettate da Kerr.

Gary Gibbons, 78 anni, dell’Università di Cambridge, collaborando con Stephen Hawking ha trasformato i buchi neri in oggetti con una propria "personalità termica": hanno temperatura ed entropia, come una pentola d'acqua bollente. Il suo lavoro ha rivelato che questi abissi cosmici seguono leggi fisiche sorprendentemente familiari, aprendo prospettive inedite sulla natura intima dello spazio-tempo.

Gary Horowitz, 70 anni, della Uc Santa Barbara, ha fatto da ponte tra la teoria delle stringhe e la geometria dell'universo. Le sue ricerche hanno stabilito collegamenti rivoluzionari che permettono ai fisici di studiare la gravità attraverso le lenti della meccanica quantistica, in modi prima impensabili.

Robert Wald, 78 anni, dell’Università di Chicago, ha portato precisione matematica nella comprensione di come i buchi neri “immagazzinino” informazioni. Il suo lavoro ha gettato le basi per fenomeni come la radiazione di Hawking e ha aperto nuove interpretazioni dell'informazione quantistica negli ambienti più estremi dell’universo.

L’assunto comune

La medaglia Dirac di quest’anno ha premiato quattro approcci diversi che convergono verso un assunto comune: i buchi neri non sono “aspirapolveri cosmici” che inghiottono materia, ma laboratori naturali per testare le teorie più avanzate sulla realtà. Dalle loro ricerche emerge un universo dove le forze più grandi e i fenomeni più piccoli si intrecciano in modi che stiamo ancora imparando a decifrare. Un'eredità che continua a ispirare: il più anziano del gruppo, Kerr, ha pubblicato pochi mesi fa un articolo che ha scosso la comunità scientifica, dimostrando che la curiosità scientifica non ha età.

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