Il bambino che vende le rose alle coppiette: «Così aiuto i genitori»
Ogni sera cena velocemente e poi verso le 19 esce per andare a lavorare, a vendere le sue rose rosse e rosa alle coppiette e ai turisti. Nulla di male se non fosse che ha solo 12 anni. Francesco - lo chiameremo così - vive in un appartamento nel rione di San Giacomo. Padre rumeno, madre serba e due fratelli più piccoli, il bambino è conosciuto da chiunque la sera esca a fare due passi in centro, si fermi per un aperitivo o per la cena in qualche locale delle Rive, di Ponterosso, di via San Nicolò o di Cittavecchia. «Se non riesco a venderle tutte prima che a mezzanotte parta l'ultimo autobus che mi riporta a casa - racconta con i suoi occhi vispi e i capelli tagliati a spazzola - torno in città anche il mattino successivo. Se piove vado ugualmente a lavorare, ma in quel caso entro direttamente nei locali, nei ristoranti».
Francesco va a scuola, a settembre frequenterà la seconda media. Fa il venditore di rose dall'inizio di quest'estate. «Da grande - rivela - vorrei fare il poliziotto o il carabiniere». Di questo lavoro che i suoi lo spingono a fare non parla con gli amici, con quei compagni con i quali ama giocare a calcio: forse per pudore, forse perché qualcuno gli ha suggerito di tacere. «Lavoro solo nel periodo delle vacanze - spiega con tranquillità - poi a settembre smetto perché altrimenti non riesco a studiare».
Raccontando delle sue giornate fatte di contrattazioni e lunghe camminate, ammette un po' di invidia per i compagni di classe che invece si divertono durante l’estate. «Mi piacerebbe andare in vacanza ai Topolini, a Barcola, - ammette - una volta mi ci hanno portato, ma non sono capace di nuotare bene e così non faccio i tuffi». La dozzina di rose che punta a vendere ogni sera le compera al mattino al discount. «Un mazzo di dieci rose costa 2 euro - spiega - poi mia madre le pulisce dalle troppe foglie, dalle spine e le confeziona una a una nella carta plastificata. Io poi le rivendo a 4 euro l'una». E osservandolo mentre tenta di rifilare le roselline, mentre sta lavorando, il ragazzino sembra veramente scaltro. Punta le coppiette, fa leva sull'uomo, attende paziente, non molla. Ed è difficile che una persona non si intenerisca di fronte a tanta tenacia e alla sua indiscutibile educazione.
Francesco è diventato un uomo in fretta. I modi di fare sono quelli di un ragazzo più grande. «Lavoro perché i miei non trovano un'occupazione», racconta il ragazzino senza far trasparire il minimo fastidio di fronte a quel dovere - forse mio padre andrà a dare una mano aun fioraio». Ascoltandolo mentre racconta dei suoi rientri a casa, delle sue corse per salire in fretta sulla linea 1 o 10, sembra che per lui quella quotidianità, quel dover portare a casa il pane per tutta la famiglia sia qualche cosa di normale.
Francesco è intelligente, vispo, attento: parla cinque lingue. «Io sono italiano, sono nato a Roma - precisa orgoglioso - con la mia famiglia ho vissuto anche a Rimini, a Bergamo e poi in Svezia. Parlo il rumeno, il serbo, l'italiano che è anche la mia materia preferita a scuola, un po' l'inglese e lo svedese». La sua passione è il calcio, tifa Milan: «A pallone gioco ogni giorno, nel pomeriggio - assicura - ma mi diverto anche con la playstation». A girare da solo la sera non ha affatto paura. «Non ho mai avuto problemi, nessuno mi ha mai fatto dispetti e poi in giro ci sono i miei amici carabinieri e poliziotti, quando mi vedono mi salutano. I carabinieri mi hanno detto che se qualcuno mi dà fastidio devo avvisarli».
Ma proprio ieri mattina, il giorno successivo al nostro incontro con il bambino, il piccolo è stato fermato da una volante della Questura. «Abbiamo ascoltato il bambino e anche i genitori - precisa Fabio Soldatich, vicequestore - la vicenda è stata segnalata alla Procura dei minori e a quella della Repubblica».
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