Il clima impazzito: fra 50 anni in Friuli Venezia Giulia cresceranno i fichi d’India

Presentato a Gorizia uno studio realizzato da Arpa-Osmer sugli effetti del riscaldamento globale dal 2071 al 2100

GORIZIA È molto probabile che in regione avremo i fichi d’India. Proprio così: ci saranno più tratti in comune con il Meridione d’Italia che con il Nord d’Europa. Le temperature aumenteranno dai 2 ai 5 gradi, le piogge saliranno in inverno e scenderanno in estate (rimanendo stabili nel loro complesso), il livello del mare si innalzerà di qualche centimetro, la vegetazione alpina si ridurrà mentre si espanderà quella tipica delle aree mediterranee e sub-tropicali, muteranno gli ecosistemi sia terrestri sia marini con conseguenti variazioni nelle produzioni dei settori dell’agricoltura e dell’allevamento. Inoltre, diminuirà il ghiaccio sia a livello sotterraneo sia per quanto riguarda i nevai, che, nella migliore delle ipotesi, scompariranno per il 90%.

Beninteso, non si tratta del riassunto di una nuova edizione dell’Apocalisse ma dei risultati di uno studio condotto tra la fine del 2016 e l’inizio di quest’anno da Arpa-Osmer sui cambiamenti climatici che interesseranno il Friuli Venezia Giulia dal 2071 al 2100. Tale studio, commissionato dalla Regione, è stato esposto ieri all’Auditorium di Gorizia (ma i suoi esiti sono anche consultabili online) in un incontro coordinato dal direttore di Arpa-Osmer Stefano Micheletti, pure coordinatore della ricerca. I fenomeni indicati potranno verificarsi in misura più o meno intensa a seconda degli interventi di mitigazione che verranno applicati.

Per interventi di mitigazione si intendono tutte quelle misure aventi per obiettivo la diminuzione delle emissioni di gas serra, o, in altre parole, la riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili. Significativi interventi di mitigazione sono ovviamente già stati eseguiti e continuano a eseguirsi (si pensi allo sviluppo del fotovoltaico) ma molti ancora si dovranno attuare.

«Se guardiamo il Friuli Venezia Giulia - afferma Micheletti, di recente entrato nel Coordinamento nazionale per la meteorologia e la climatologia - l’aumento delle temperature causerà la necessità di adattamento della gran parte dei settori sociali ed economici: dal turismo alla sanità, dall’agricoltura alla produzione energetica. Ciò comporterà dei costi. E i problemi più importanti relativamente ai costi e alla diminuzione della qualità della vita a mio giudizio sono quelli legati al cambiamento del regime delle precipitazioni, specialmente alle più frequenti e più intense siccità estive, e all’innalzamento del livello del mare: quest’ultimo problema comporterà l’esigenza di alzare le dighe per evitare alluvioni sempre più numerose nelle nostre località costiere, in particolare di quelle della laguna».

Ci si può consolare pensando che, in fondo, mal comune, mezzo gaudio. Nel senso che la situazione in Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda il mutamento del clima, e, soprattutto, i suoi effetti, non è molto diversa da quella di altre parti d’Italia: alla sua radice, comunque, c’è sempre l’incremento dell’effetto serra dovuto alle emissioni dei cosiddetti gas climalteranti.

Di certo, più interessata al riscaldamento climatico in regione è l’area montana. Fermo restando che le previsioni possono sempre sbagliare, «ma probabilmente non sbaglieranno di tanto - afferma ancora Micheletti - perché con l’avanzare della ricerca si affinano sempre di più tant’è vero che per il momento quelle fatte vent’anni fa si sono tutte avverate e purtroppo si sono avverate anche le più pessimistiche».

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