Il “complotto” triestino dell’Ordine di Malta

Nel 1799 venne destituito il Gran Maestro ospite a Villa Murat
C’è un solo precedente nella storia lunga, travagliata e misteriosa del Sovrano militare ordine ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta - comunemente abbreviato in Sovrano militare ordine di Malta (in sigla Smom), o anche semplicemente in Ordine di Malta -, che ricordi le attuali dimissioni del Gran Maestro Fra’ Matthew Festing chieste dallo stesso Papa Francesco, che ha ora sostanzialmente commissariato l’Ordine nominando luogotenente Fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto. Il parallelismo è stato fatto da alcuni media, e in particolare da Dagospia, e porta dritto a Trieste.


Per capirne molto di più bisogna andare in via Rittmeyer, non lontano dalla stazione, dove oggi ha sede il Consolato onorario di Malta a Trieste. Il giovane console Alberto Panizzoli ha riportato alla luce e rielaborato il paziente lavoro di ricerca fatto dallo storico Carlo Rapozzi e raccolto in oltre duecento fogli dattiloscritti conservati alla Biblioteca civica.


È a Trieste che viene a morire la gloriosa epopea maltese dell’Ordine tra il 1798 e il 1799 quando il Gran Maestro Ferdinando von Hompesch e un manipolo di cavalieri e dei loro servi vengono messi in fuga da Napoleone che ha conquistato l’isola, e fuggono via mare verso il porto nordadriatico grazie all’ospitalità concessa dal Sacro romano imperatore Francesco II che nel 1806 diverrà imperatore d’Austria con il nome di Francesco I. Non viaggia a vuoto von Hompesch, ma con le tre principali reliquie dell’Ordine: la Scheggia della vera croce su cui morì Gesù Cristo, la mano destra di San Giovanni Battista e la miracolosa icona del Fileremo venerata sull’isola di Rodi già prima dell’arrivo dei Cavalieri.


Preceduto da un primo scaglione di Cavalieri, il Gran Maestro arriva a Trieste il 27 luglio 1798 a bordo del brigantino San Nicolò di proprietà di commercianti triestini. Fanno parte del suo seguito il Balì Gran Commendatore de Lombard Montauroux, il Balì Suffren de Saint Tropez, il cavaliere de La Garde Saint Angel, il cavaliere de Guignard Saint Priest, il cavaliere de Roquefeuil paggio del Gran Maestro, i signori Prepaud e Bucker serventi d’arme, i cavalieri Gabriele e Amabile de Ligondez quest’ultimo cameriere maggiore del Gran Maestro, il cavaliere Francesco Luigi de Bosredont, il signor Lenormand servente d’arme sottomaestro scudiere, il cavaliere Miari segretario del Gran Maestro per l’Italia, il cavaliere Desbrull segretario per la Spagna, il cavaliere di Seeau, il cavaliere de Reinach, il cavaliere d’Henneberg, i signori Gravagna, padre e figlio, maltesi, Gelsomino Pasquale cappellano d’obbedienza maltese e il signor Malan copista della Segreteria di Francia.


Ferdinando von Hompesch e il suo seguito più ristretto trovano alloggio nella casa di campagna del generale russo Antonio Psarò, nota ai triestini come Villa di Campo Marzio che successivamente sarebbe divenuta famosa come Villa Murat durante il soggiorno triestino di Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone. Psarò in precedenza aveva avuto l’incarico di allestire una flottiglia di guerra destinata ad agire per conto del governo russo nel Levante ed eventualmente nel Mediterraneo occidentale. Poi era rimasto a Trieste lavorando probabilmente, data la sua conoscenza dell’ambiente e delle questioni marittime, come agente segreto dello Zar. L’ospitalità concessa al Gran Maestro potrebbe essere dunque stata soltanto un sotterfugio per tenere von Hompesch sotto stretto controllo.


Accusato già nell’immediatezza dei fatti di aver ceduto a Napoleone senza nemmeno tentare di resistervi anche a Trieste von Hompesch è messo alle strette da uno stesso gruppo di maltesi e proprio Paolo I di Russia preme sulla corte austriaca affinché ponga von Hompesch di fronte all’imposizione di un’immediata abdicazione. Quasi contemporaneamente una delegazione di Cavalieri del Priorato di Boemia va a rendere omaggio allo Zar Paolo I riconoscendolo come legittimo Gran Maestro dell’Ordine sebbene egli non sia nemmeno cattolico. Destituito, mestamente nell’agosto 1799 von Hompesch lascia Trieste ospitato poi per due mesi in un castello nei pressi di Lubiana dal barone Michele de Brigido arcivescovo di Lubiana e fratello del conte Pompeo, governatore di Trieste.


Le stesse preziose reliquie rimangono ben poco a Trieste e i cacciatori locali di tesori non è il caso che si mettano all’opera. Vengono infatti inviate allo Zar che le conserva in teche estremamente ricche. Nel 1852 Nicola I fa eseguire una copia della Madonna del Fileremo da esporre al popolo. Questa copia rimane in Russia durante la Rivoluzione d’ottobre e viene poi reinviata a Rodi dal governo bolscevico nel 1925 su richiesta dell’allora governatore italiano del Dodecaneso e nel 1931 viene intronizzata sul Fileremo dove nel frattempo è stato costruito un santuario.


Quando nel 1948 Rodi passa alla Grecia, l’icona viene portata dai francescani ad Assisi nella basilica di Santa Maria degli Angeli dove si trova tuttora. L’icona originale e le altre due reliquie invece raggiungono la Danimarca e vengono consegnate all’unica superstite della famiglia imperiale russa, la zarina madre Maria Fedorovna, nata principessa reale di Danimarca. Alla sua morte vengono consegnate alla Chiesa ortodossa russa in esilio con sede provvisoria a Berlino che a sua volta le affida nel 1932 a re Alessandro I di Jugoslavia. Rimangono a Belgrado fino al 1941, ma con l’occupazione tedesca e la partenza della famiglia reale se ne perdono le tracce.


Vengono ritrovate nel 1992 in Montenegro nel monastero della natività presso Cettigne dove sono ancora custodite la mano di San Giovanni e la Scheggia della Vera Croce, mentre l’icona della Madonna del Fileremo è conservata nel Museo nazionale di Cettigne. È invece in Italia, ma a Roma che nel 1834 l’Ordine di Malta trova la sua sede definitiva e attuale.


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