Il conto corrente del Comune di Trieste conteso da due colossi bancari

Il conto corrente del Comune finisce in Tribunale. Niente panico: l’ente che governa la città, nonostante la crisi e il Patto di stabilità, non è sull’orlo del fallimento. Il suo conto in banca, in effetti, resta di sana e robusta costituzione. È semplicemente conteso. Conteso tra due banche. E che banche: Unicredit e Montepaschi, rispettivamente la titolare in carica del servizio e l’unica sua concorrente, l’aspirante a rilevarlo, il servizio.
Due colossi del sistema finanziario, insomma, fanno a gara per avere come cliente il “piccolo” Comune di Trieste. Un segno della crisi? Ognuno è libero di crederci o meno. Meglio stare ai fatti. E i fatti dicono che dal 9 gennaio scorso è depositato al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, un ricorso presentato proprio da Montepaschi contro l’amministrazione cittadina, in cui figura a sua volta come resistente Unicredit. Oggetto di questo ricorso è l’appalto del servizio di tesoreria del Comune per un quinquennio. Stringi stringi: la gestione del conto corrente per il quale passano tutti i pagamenti e tutti gli incassi del Municipio, da qui al 2018 compreso. Si tratta di un servizio che un’amministrazione locale qual è il Comune deve esternalizzare per legge a un privato, e che alla stessa amministrazione non costa sostanzialmente nulla. Anzi: al contrario di quanto avviene abitualmente in presenza di un appalto, è l’ente pubblico a guadagnarci, attraverso il tasso d’interesse che l’istituto di credito è disposto a riconoscergli in cambio del deposito bancario. Un deposito che entra a far parte della cosiddetta raccolta finanziaria con cui l’istituto stesso attua i propri “impieghi”, le proprie operazioni finanziarie, tra i quali i prestiti di denaro ad altri clienti, a tassi più alti di quelli chiaramente offerti all’ente. Un deposito che, in questo caso, e aggiungiamoci di questi tempi, alla faccia del “piccolo” Comune di Trieste, non è che sia proprio trascurabile, neanche per dei colossi: la giacenza media di liquidità della cassa del Municipio, infatti, supera i cento milioni di euro. Cento milioni e passa a disposizione della banca per il suo indotto gestionale, a fronte di una rendita finale sotto forma di tasso d’interesse attivo a favore dell’amministrazione. Una barca di soldi che - fa spallucce l’assessore al Bilancio Matteo Montesano - fa impressione eppure è pressoché intoccabile, sotto vetro, anche causa l’arcinoto Patto di stabilità.
È proprio il tasso attivo offerto in cambio della titolarità del conto corrente a pesare di più in sede di valutazione delle buste. Ma stavolta non è stato necessario nemmeno prendere in considerazione questo parametro. La riprova è che Mps ha trascinato il Comune, e di riflesso Unicredit, davanti al Tar reclamando che venga riconosciuta la sua riammissione alla gara d’appalto dalla quale l’apposita Commissione comunale l’ha esclusa in via preliminare, sancendo di fatto l’automatica conferma di Unicredit, già titolare del servizio in scadenza a fine 2013. Tale esclusione - sostiene Vincenzo Di Maggio, il direttore del Servizio finanziario tributi e partecipazioni societarie, responsabile del procedimento - è avvenuta perché, sempre preliminarmente, il disciplinare di gara prevedeva l’accettazione «incondizionata» dello schema di convenzione allegato al bando, cosa che Unicredit ha fatto mentre Mps ha inteso proporre un’integrazione all’articolo che regola i limiti alle anticipazioni di cassa richiedibili eventualmente per legge dall’ente alla banca.
@PierRaub
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