Il cuore col filo spinato di Eron trova “casa” al Magazzino 26

L’installazione “Follow” realizzata al Salone degli incanti nel settembre 2017 finirà per arredare la Sala convegni del più grande edificio del Porto vecchio
Foto Bruni 13.09.2017 Salone Incanti-la mostra di Eron
Foto Bruni 13.09.2017 Salone Incanti-la mostra di Eron



“Follow”. Le vie dell’arte contemporanea dell’amministrazione comunale di Trieste sono difficili da seguire. È il caso dell’opera “Follow” di Eron (al secolo Davide Salvadei) realizzata in sette giorni a settembre 2017 al Salone degli incanti (ex Pescheria). Opera che è stata subito acquista dalla Fondazione CRTrieste e grazie alla quale l’assessore alla Cultura Giorgio Rossi, alla tenerà eta di 70 anni, si è innamorato della street art, con la conseguenza che Trieste (con il progetto Chromopolis) sta diventando una galleria a cielo aperto. «Quando mi hanno proposto Eron confesso che non lo conoscevo», ammise allora Rossi: «Poi ho capito che era uno dei grandi maestri della street art. Il movimento dei writers mi ha fatto capire la valenza di un messaggio rivoluzionario che si contrappone a una società edonistica piena di pregiudizi».

Ora “Follow” ritorna al Comune in comodato gratuito e precario dalla Fondazione CRTrieste. L’amministrazione dovrà solo accollarsi le spese di trasporto, copertura assicurativa e manutenzione per un totale di cinquemila euro. E dove la mette, quest’opera, il Comune? Al Salone degli incanti? Al Revoltella? No. Al Magazzino 26 del Porto vecchio, che è ormai diventata un “centro di raccolta” culturale di quest’amministrazione. L’opera finirà per arredare in modo permanente la Sala convegni del Magazzino 26 inaugura nel 2011 e pochissimo utilizzata in questi otto anni di vita.

In realtà Eron aveva progettato “Follow” per il Salone degli incanti proprio ispirandosi all’ex Pescheria che ricorda una Basilica cristiana (i triestini, infatti, l’avevano ribattezzata con il nome di Santa Maria del Guato). L’artista aveva deciso di sfruttare l’architettura dell’edifico trasformando lo spazio in una sorta di luogo sacro grazie a una parte installativa (alcuni banchi da chiesa e due confessionali) e un’opera pittorica realizzata direttamente sul posto su una grande tela di 190 centimetri per 480.

In pratica una pala d’altare con una trama di fili spinati davanti ad un cielo nuvoloso da cui affiora un sole pallido che ricorda la forma di un cuore. «Un cuore non come simbolo romantico - come si legge nella delibera - ma come strada da seguire, appunto “Follow”, un’opera che rappresenta il concetto di amore universale inteso come speranza di pace, armonia, non violenza, rispetto, compassione e serenità che il mondo non ha ancora raggiunto». E in effetti Eron è un artista impegnato alla pari di Bansky: non proprio in linea con le linee programmatiche della giunta di centrodestra. Nel 2016 Eron realizzò in effetti per l’Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani un’opera dedicata ai migranti dipinta sulla fiancata di un relitto navale dal titolo “Soul of the sea”, dove ritrae alcuni volti di donne e bambini che sembrano dipinti dalla ruggine del relitto stesso. L’opera fece il giro del mondo e venne pubblicata dall’Economist e dal Chicago Tribune come miglior immagine del giorno. Esattamente un anno fa il vicesindaco Paolo Polidori stroncò il manifesto dello scorso anno della Barcolana di Marina Abramovic dallo slogan innocuo: “We are all on the same boat”.

Eron fu protagonista anche di un curioso episodio nel 2014 al Mar di Ravenna: su una delle pareti espositive disegnò l’ombra lasciata da un grande specchio con il buco del chiodo. A fine mostra un operaio incaricato della riverniciatura delle pareti del museo stuccò il buco artistico. «Ci sarei rimasto peggio - commentò Eron - se l'operaio si fosse accorto che era un buco finto. Stuccandolo, invece, in un certo senso mi ha aiutato a “completare” l’opera». —



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