Il delfino Elisabeth ha “preso casa” a Monfalcone
Da oltre un anno il simpatico mammifero vive nelle acque dei bacini industriali in prossimità della Baia di Panzano

MONFALCONE Adesso è rimasta sola. Il suo piccolo se n'è andato chissà dove, da alcune settimane non si vede più, ma lei Elisabeth, il delfino che da più di un anno ha scelto di vivere nei bacini industriali dietro la Baia di Panzano, è rimasta lì. Ogni tanto la sua pinna fende la superficie blu di questo specchio d'acqua, uno dei più rumorosi e antropizzati del golfo, ogni tanto la sua silhouette si mette all'inseguimento di una barca o di una nave all'entrata del bacino della Fincantieri. Ogni tanto, più raramente, la si vede saltare con l'esuberanza propria dei delfini, anche adesso che è rimasta sola.
Quella di Elisabeth è una strana storia. Lei è un delfino comune, della specie Delphinus delphis, che a dispetto del nome è una specie tutt'altro che facile da incontrare. Stando ad alcune osservazioni incrociate basate su precedenti segnalazioni e sui segni della sua pinna dorsale si è scoperto che due anni fa nuotava nelle acque limpide della. Quando è arrivata qui, alle porte di Monfalcone, nel maggio del 2010, assieme a lei c'era un altro esemplare più piccolo, senza dubbio il suo cucciolo. Stavano sempre insieme, due pinne affiancate che per i diportisti della zona, i pescatori, gli operai della Fincantieri sono diventati presto una presenza familiare. E piuttosto incongrua.
Perché un delfino, anzi due, sceglie una zona così industrializzata, così rumorosa, così trafficata non solo da imbarcazioni da diporto ma anche dai grandi carghi e scafi da crociera che qui vengono a ricovero, proprio a ridosso del molo dove si carica il carbone? Esempi di delfini "inurbati", affezionati a tratti di costa abitati dagli umani non sono rari. Ma di solito si tratta di amene località marine, piccoli villaggi o spiagge poco frequentate. Difficile che un mammifero marino scelga il suburbio dei bacini di carenaggio come dimora, per di più con un cucciolo da accudire. Eppure Elisabeth è lì, ogni tanto si allontana, va al largo, in mezzo al golfo, oppure si spinge fino a Sistiana e Duino, ma poi ritorna. Possono passare giorni ma alla fine una segnalazione arriva. Ormai da oltre un anno è una presenza amica per quanti frequentano quel segmento di costa, gli operai dei cantieri la salutano quando la vedono, i diportisti la filmano e la fotografano, i pescatori la considerano una compagnia.
«L'ha portata qui il nutrimento», spiega Saul Ciriaco dell'Area protetta di Miramare, i cui biologi da oltre un anno studiano Elisabeth assieme all'Arpa e agli osservatori sloveni di Morigenos, associazione impegnata dal 2001 nella ricerca e protezione dei tursiopi delle acque slovene. Insieme, Morigenos e Riserva di Miramare hanno raccolto decine e decine di osservazioni, immagini, dati, sulla vita quotidiana di Elisabeth. Che da parte dell'Area di Miramare viene monitorata da due giovani biologi volontari, Karin Schlappa, 24 anni, e Tommaso de Lorenzi, 26. Ogni momento libero a disposizione Karin e Tommaso vanno a trovare Elisabeth. A volte si appostano a terra, lungo i moli o sulla riva, aspettando pazientemente di vedere spuntare la pinna. Altre volte approfittano dell'ospitalità su barche da diporto o da lavoro per tentare un incontro ravvicinato, e se Elisabeth c'è, ed è di buona giornata, iniziano a registrare i tempi di immersione, il ritmo del suo respiro, filmare il suo comportamento, fotografarla.
«Ormai per noi è come un'amica - dicono Karin e Tommaso - e in effetti siamo stati noi a battezzarla così, Eisabeth con la 's', quando, al primo avvistammento, al largo incrociava la gigantesca nave da crociera Queen Elizabeth». Fotografie, filmati, appunti, e anche appostamenti con gli idrofoni, per sentire i suoi fischi sott'acqua. «Ma c'è sempre troppo rumore - spiega Tommaso - con i microfoni in acqua si ascolta ogni tipo di fracasso proveniente dai cantieri vicini, intercettare Elisabeth, la sua voce, è difficile».
«A dire il vero ha un carattere un po' bizzoso - interviene Saul Ciriaco - e non sempre appare in buona forma. Fino a dicembre c'era con lei un esemplare più piccolo, quasi certamente il cucciolo, ora è rimasta sola. La speranza è che il piccolo se ne sia andato altrove, e che non gli sia successo nulla, anche se i delfini si allontanano dalla madre solo quando raggiungono la maturità sessuale, e non è certo che sia questo il caso». La presenza di Elisabeth resta un caso anomalo. Nel Golfo di Trieste, spiega ancora Ciriaco, non ci sono famiglie stanziali di delfini, a differenza di quanto avviene a Pirano e dintorni, lungo la costa istriana, dove negli ultimi quattro anni sono stati identificati oltre cinquanta delfini della specie Tursiops truncatus, appunto tursiopi. «Invece è da 35 anni che non si vedeva nel nostro golfo un esemplare di delfino comune - sottolinea Saul Ciriaco -, a dispetto del nome questa specie non è ancora minacciata né in pericolo, ma certo è in calo, perciò gli avvistamenti non sono frequenti».
In tutto il Mediterraneo ci sono tre popolazioni di delfino comume, in Spagna, nel mar Ionio e nell'Egeo. Intanto Elisabeth continua a frequentare le acque chiassose che tra gru, pontili e bettoline all'ormeggio portano al Canale Valentinis, dentro Monfalcone, anche se fin lì il delfino non si spinge. E Karin e Tommaso continuano pazienti i loro appostamenti. Possono volerci ore, qualche volta non si vede, altre volte lei arriva quasi subito. I due giovani biologi la aspettano la mattina presto, oppure al tramonto, con binocoli e macchine fotografiche puntate sulla distesa di quel braccio di mare nella speranza di vedere Elisabeth nuotare e saltare anche ora che è rimasta sola.
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