Il dinosauro gigante Big John rinasce e si svela al pubblico

Primo giorno di esposizione per l’enorme triceratopo ricostruito dalla ditta Zoic in via Flavia. Visitatori incantati davanti all’esemplare più grande al mondo: «È una rarità assoluta»
Bambini e adulti ieri nel padiglione della Zoic mentre assistono al racconto di Flavio Bacchia (foto di Andrea Lasorte).
Bambini e adulti ieri nel padiglione della Zoic mentre assistono al racconto di Flavio Bacchia (foto di Andrea Lasorte).

TRIESTE. All’interno del suo cranio potrebbe comodamente starci seduto un uomo. Ammirandone da vicino le corna lunghe più di un metro, si riesce a immaginare quale dovesse essere la sua potenza. Sfiorandone con le dita le vertebre, sembra di cogliere quel tempo infinito che ci separa dall’epoca lontanissima in cui visse. Lui è Big John, lo straordinario triceratopo, probabilmente il più grande al mondo mai ritrovato, da venerdì 26 febbraio esposto al pubblico nel padiglione allestito dalla Zoic in via Flavia, mentre è in fase di ricomposizione l’intero scheletro.

Big John, che forse vedrà il suo nome mutato in Big Joanna, perché il suo sesso non è stato ancora accertato, fa parte della categoria dei dinosauri definiti “faccia con tre corna”, perché ne evidenzia due sopra gli occhi e uno, più corto, sopra le narici. Scavato in un ranch del Montana negli Stati Uniti, è stato acquisito dalla Zoic allo stato grezzo, ancora avvolto nelle camice di gesso, per essere pazientemente analizzato, estratto e riportato in vita dal gruppo triestino, attraverso una lavorazione a gradi successivi, che può essere seguita attraverso video proposti a cadenza regolare sui social a lui dedicati (dove verranno indicate le modalità da seguire per le prossime visite) e sul sito del Piccolo.

L’enorme bestione “cornuto”, un esemplare erbivoro con la testa corazzata, fu uno degli ultimi dinosauri a comparire prima della grande estinzione di massa del Cretaceo-Paleogene, 65-95 milioni di anni fa. Contrariamente alle corna di altri animali, costituite da cartilagine o cheratina, e quindi più fragili, le corna dei Triceratopi erano vere e proprie estroflessioni ossee, che offrivano una maggiore resistenza nelle situazioni di scontro fisico, contro qualunque rivale.

«Big John però una ferita la ostenta – ha spiegato ieri Flavio Bacchia, geologo e dirigente della Zoic – perché dietro il cranio si può notare un’ampia apertura, probabile risultato di un duello per la supremazia su un territorio e in un branco». Grandissima è stata la risposta dei tanti visitatori che hanno accolto l’invito della Zoic. «Sono venuto animato da una grande curiosità – ha detto Silvano Peluso – perché questa è una rarità assoluta a livello scientifico».

«Mio figlio Stefano, pur se ancora piccolino – ha spiegato Piero Pausin – ha sempre manifestato una grande passione per i dinosauri e alla fine ha coinvolto anche me e la mamma, ecco perché siamo qui oggi». «La visita è stata interessantissima e la spiegazione di Bacchia esaustiva – ha osservato Valentina Grison – siamo stati anche nel sito paleontologico del Villaggio del Pescatore qualche tempo fa ed entrambe le esperienze sono state formative e coinvolgenti». In questa fase è stato sollevato il cranio con alcuni sostegni ed è stata montata l’intelaiatura nella quale andrà collocato l’intero dinosauro, una volta completato.

Alla fine Big John avrà una posizione che ricorda il toro di Wall Street. Si sta intanto proseguendo con l’estrazione dei singoli reperti dalle camicie di gesso, che contengono ancora al loro interno zolle di terra e radici. Sono stati estratti e lavorati entrambi i femori, è stata individuata la scapola, una bellissima vertebra dorsale e un altro osso particolarmente interessante, un coracoide, ovvero una delle due ossa che fanno un po' da scudo al posto dello sterno degli animali.

Per favorire i visitatori, sul pavimento è stato stampato un ingrandimento dell’immagine della colonna vertebrale su cui sono state posizionate le singole vertebre già lavorate. In occasione di questa prima giornata di apertura, è stata anche realizzata una simulazione in realtà aumentata delle fattezze dell’animale, quelle che al momento si ipotizzano come le più probabili dai reperti finora trovati, ricostruiti e posizionati. 


 

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