Il genero: «Non sono riuscito ad entrare»

Il marito della figlia è arrivato per primo: «Ma ho potuto solo gettare dell’acqua e chiamare i soccorsi»
Silvano Trieste 03/08/2015 Strada del Friuli 459, incendio nella cucina di casa
Silvano Trieste 03/08/2015 Strada del Friuli 459, incendio nella cucina di casa

«Quando sono arrivato davanti alla casa di mia suocera, dentro non si vedeva nulla. C’era solo fumo, tanto fumo. Ho cercato di entrare, di cercarla, ma ho dovuto desistere. Se ci entravo per davvero, ci restavo anch’io, lì dentro. Ho solo potuto gettarci dell’acqua con il tubo di gomma che usiamo per annaffiare il giardino e chiamare nel frattempo i soccorsi». È la tarda mattinata di ieri. Tra i pastini sotto Monte Grisa, là dove la viuzza asfaltata che s’inerpica da strada del Friuli finisce proprio davanti alla proprietà della famiglia di Anna Lozei, il sole picchia duro e non dà una mano a sbollire lo choc. Leonardo Dobranovich, il genero della vittima del tragico incidente domestico, è colui che, quell’incidente, l’ha scoperto - dando l’allarme - quando però, purtroppo, non c’era più niente da fare.

«Non la lasciavamo più di un’ora, un’ora e qualcosa, non volevamo che restasse troppo tempo da sola», racconta il marito della figlia di Anna Lozei, Marina, mentre quest’ultima, scossa, parla con i poliziotti e offre loro qualcosa da bere per combattere sia la calura che quella puzza di bruciato, pungente, che se ne sta andando gradualmente dalla casetta. «Sono rientrato - aggiunge Dobranovich - verso le nove e trequarti. Già quando mi sono avvicinato, prima di arrivare, ho iniziato a notare del fumo nella zona del giardino, poi ho sentito un odore molto forte. Non era quello, spensierato, che si avverte solitamente quando si fa una grigliata. Era acre. Lì ho capito. Era odore di bruciato. Sono corso e ho visto che dalla porta usciva tantissimo fumo. Ho preso il tubo dell’acqua e l’ho indirizzato verso l’interno. Ho cercato di digitare il 115 sul telefonino, nella concitazione mi è venuto prima il 113, e ho così chiesto alla polizia di venire e chiamare subito i pompieri. Dentro in casa non si vedeva nulla. Ho scorto soltanto delle piccole fiamme, basse, sotto il tavolo della cucina. Deve aver acceso qualcosa, o tentato di farlo. Non mi spiego perché, visto che, specie in estate che non serve, oramai non accendeva più niente. Il gas, dalla parte di casa sua, l’avevamo chiuso, e lo sparherd, quando serviva, glielo accendevamo noi. Le avevamo detto di non toccare certe cose, soprattutto dopo che, più o meno tre anni fa, in maniera del tutto casuale, aveva lasciato aperto un lumino sotto un piatto, appoggiato sul ripiano di plastica della lavatrice, che poi s’era bruciato. Quella volta eravamo in casa, ed eravamo intervenuti noi immediatamente».

Una cinquantina di metri più in qua, lungo la stradina asfaltata, c’è una delle poche case “a tiro”. È mezzogiorno. Chi ci abita ha appena portato le sue condoglianze alla famiglia di Anna Lozei. «Ero via questa mattina - scuote la testa il vicino - e sono rientrato verso le 11, chissà, fossi stato a casa forse me ne sarei potuto accorgere per tempo...».(pi.ra.)

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