Il gioiello industriale dell’ex cotonificio attira solo tre attività

RONCHI DEI LEGIONARI. Il primo colpo di piccone è stato dato quattordici anni fa. E all’epoca, giustamente, veniva considerata una conquista l’aver avviato il lungo iter che, nel corso dei mesi, permise di ristrutturare e far rivivere l’area dell’ex Cotonificio Triestino a Ronchi dei Legionari. In tempi in cui si abbatte invece di far risorgere, si annienta invece di recuperare, riducendo ad un ammasso di inutili calcinacci la storia, l’aver permesso un’operazione di archeologia industriale è sicuramente qualcosa di cui andar fieri.
Ma “Borgo al Castelliere”, questo il nome coniato per far decollare questa iniziativa immobiliare, un vero e proprio volo non lo ha mai spiccato veramente. Nel corso di questi anni i passi compiuti sono stati molti, senza però diventare una città nella città. Complessi lavori di recupero dell’edilizia esistente, al quale si accompagnano nuove lottizzazioni, interessano dal marzo del 2006 un’area che si estende su una superficie di 57.005 metri quadrati nel cuore del rione di Vermegliano. Certo, è tornata a nuova vita la zona delle officine nella quale, nel corso degli anni, hanno trovato posto un supermercato, un nido per l’infanzia e una clinica odontoiatrica; ma molti spazi risultano ancora vuoti. Un esempio? Proprio alle spalle della grande officina, la palazzina che ospitava gli uffici e, ancora, quella caratterizzata dalla presenza della ciminiera alta 38 metri, simbolo del cotonificio e di tutto il quartiere. Ma anche gli edifici con le classiche coperture a shed che hanno contraddistinto in passato ogni costruzione di tipo industriale. Edifici che dovevano diventare negozi e uffici, questi ultimi mai arrivati, e anche, si sperava, spazi culturali e destinati alla socializzazione. Purtroppo anche questi ultimi sono rimasta una chimera.
Una testimonianza del passato conservata e non cancellata per sempre, com’è purtroppo successo nel passato in altre zone della nostra regione. Un investimento di svariati milioni di euro, quelli messi in campo dalla lombarda “Bergum”, che ha anche realizzato tre delle sei palazzine previste dal piano e che dovevano portare nel rione ai piedi del Carso almeno 450-500 nuovi abitanti. Ma al momento, a quanto pare, se ne sono insediati poco più di 150. La crisi dell’edilizia ed i rubinetti chiusi delle banche, che hanno concesso mutui con il contagocce, hanno fatto la loro parte.
Il campo sportivo “Brunner” è diventato comunale, il muro che per anni ha separato la fabbrica dal quartiere è stato abbattuto, sono sorti parcheggi e giardini, ma il vero obiettivo, purtroppo, sembra non sia stato del tutto centrato. Fanno malinconia quegli spazi vuoti e chi pensava di fare di “Borgo al Castelliere” un’area davvero esclusiva, sorta sulle ceneri di un passato industriale, è purtroppo rimasto deluso. Resta il riuso, seppure parziale, in un’area sorta nel 1881, conosciuta con la denominazione di “Tessitura meccanica di cotone”, prima di diventare Cotonificio Triestino, messa in piedi dalla famiglia austriaca dei Brunner.
Nella fabbrica c’erano 60 telai e lavoravano 120 persone. Nei primi anni del secolo scorso gli impiegati raggiunsero quota 250, mentre nel 1912, il cotonificio, filiale del Filatoio Meccanico di Trieste, tra operai, impiegati e capi si raggiunse quota 350. La scelta di Ronchi dei Legionari, che permise un grande sviluppo economico e industriale della città, fu quasi obbligata dalla presenza, a pochi metri di distanza, della linea ferroviaria Trieste-Udine. Dopo la sua chiusura e sino agli anni Novanta si insediò la Meteor, costruzioni aeronautiche ed elettroniche di Furio Lauri. Una figura di cui Ronchi dei Legionari sembra essersi dimenticata. E allo stesso tempo i ronchesi, davanti alla crisi economica, sembrano essersi scordati di quegli spazi dal sapore avveniristico in cui si consumò un grande passato industriale.
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