Il governo Meloni riconosce l’extradoganalità del Porto di Trieste

Nella manovra l’esecutivo nazionale si impegna a chiedere per la prima volta la piena attuazione del regime di punto franco a Trieste alla Commissione Ue
Diego D’amelio

TRIESTE Lo Stato italiano riconosce per la prima volta il principio dell’extradoganalità della zona franca del porto di Trieste e si impegna a chiedere alla Commissione europea di darne piena attuazione. Accade nel corso della manovra di bilancio nazionale, con il governo Meloni che accoglie l’ordine del giorno con cui Fratelli d’Italia chiede all’esecutivo di dispiegare definitivamente il regime di punto franco, che consente alle imprese di non pagare dazi, accise e iva su materie prime e semilavorati importati a Trieste da paesi extra Ue, trasformati nel territorio giuliano ed esportati come prodotti finiti sempre nei paesi esterni all’Unione. Il primo tentativo si era compiuto l’anno scorso, quando la parlamentare Pd Tatjana Rojc aveva ottenuto con voto trasversale l’approvazione di una risoluzione con cui il Senato si impegnava a richiedere a Bruxelles l’extradoganalità. La Commissione europea aveva respinto la pratica, chiedendo per bocca del commissario per gli Affari economici Paolo Gentiloni che l’istanza non fosse presentata da una camera elettiva ma dal governo.

L’ordine del giorno spinge ora l’esecutivo di centrodestra a farsi portatore in Europa della medesima richiesta, ovvero l’esclusione della zona franca triestina dal territorio doganale dell’Ue, secondo quanto previsto dal Trattato di pace del 1947, dove si è sancita l’esistenza del punto franco. Gli ordini del giorno non danno una scadenza stringente al governo, ma difficilmente vengono elusi. Sarà la politica a dover tenere il fiato sul collo dell’esecutivo, ma il primo passo avanti si registra nel modo in cui il testo è stato scritto. Un analogo ordine del giorno approvato nel dicembre scorso dal governo Draghi su spinta della senatrice Rojc recitava che l’atto «impegna il governo a valutare» la richiesta all’Europa, mentre la versione di Matteoni «impegna il governo a inoltrare» la domanda. Sfumatura del burocratese, ma in realtà differenza sostanziale quando si parla di atti di governo.

«Ringrazio il governo», commenta la deputata triestina Nicole Matteoni, firmataria del testo recepito dalla legge di stabilità in approvazione. Matteoni dice di aver «voluto portare avanti in sede parlamentare il lavoro avviato da Claudio Giacomelli in Consiglio regionale», quando venne approvata da tutto l’arco politico una mozione che chiedeva a Roma di dare riconoscimento all’extradoganalità. «Adesso – conclude Matteoni – il governo si impegna ufficialmente a interloquire con la Commissione europea, per ottenere concretamente tutti i benefici del nostro porto franco, ulteriore volano economico e di sviluppo che la città chiede da anni». Dopo decenni di mancato utilizzo, la possibilità di usare a pieno il punto franco è stata reintrodotta una tantum il mese scorso, grazie al riconoscimento del ricorso alle esenzioni, qualora la multinazionale British American Tobacco decidesse di mettere in campo lavorazioni estero su estero (dove estero significa extra Ue). Si tratta però di una singola e specifica decisione delle Dogane, che continuano ad avere l’ultima parola sulla possibilità di insediare o meno una produzione industriale a Trieste in esenzione, con esiti che sono stati finora negativi. Qualora la Commissione europea approvasse la richiesta del governo, l’extradoganalità diventerebbe un principio di rango comunitario e l’applicazione dei punti franchi sarebbe automatica, rendendo finalmente possibile sapere se le franchigie convinceranno nuove imprese a insediarsi a Trieste o se si riveleranno un vantaggio competitivo modesto.

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