Il mercato coperto nacque in via Boccaccio come una struttura mista di tecnologia e tradizione

Il progetto di Riccardo Del Neri riecheggia la pescheria di Trieste All’esterno neorinascimentale fa da contrappunto l’interno Werkbund 

Punti di vista



A fine Ottocento a Gorizia c’erano due mercati coperti. Uno in mezzo a piazza Sant’Antonio, costruito nel 1878 malgrado le rimostranze della baronessa Elena Lantieri che ne chiese la riduzione invano per decoro del suo palazzo, dal quale papa Pio VI aveva benedetto nel 1873 i goriziani. Progettato dall’architetto Leopoldo de Claricini, il mercato a pianta ottagonale e cinto da cancellata, presentava una copertura in coppi su colonne in ghisa fortemente invasiva rispetto il retrostante portico del 1830 dell’ingegnere Giuseppe Purkinje, ma in luogo strategico per gli ortaggi dalla Valdirose e San Rocco.

L’altro mercato si trovava da due anni prima all’angolo tra via Oberdan e corso Verdi, uno spazio centrale coperto da un tetto leggero su steli in ghisa e 32 botteghini sul recinto perimetrale, dedicato ai prodotti del Collio e della valle dell’Isonzo. Diversamente dal primo, demolito dopo pochi anni, questo rimase in attività fino alla Prima guerra mondiale, quando venne ridotto ad ammasso di ferraglia dai bombardamenti per la presa della città.

L’intenzione di ricostruirlo dov’era è palese nel piano urbanistico di Max Fabiani del 1921, ancorché il Comune ne destinò l’area per il nuovo Palazzo delle Poste, ultimato nel 1932 dall’architetto Angiolo Mazzoni. Nel frattempo il mercato all’ingrosso, o “d’esportazione” - come si chiamava allora - nel 1925 viene trasferito da corso Verdi in fondo a via Boccaccio, col solito schema delle tettoie centrali su colonnine e negozi lungo perimetro. Contemporaneamente a tale spostamento, sul sito dell’ex ingrosso si realizza l’attuale mercato coperto, allora “nuovo”, inaugurato nel 1927.

Un misto di demodé e modernità, caratterizzato da un recinto in mattoni e negozi su strada che racchiude all’interno un edificio a pianta basilicale in cemento armato, dai costoloni portanti evidenziati nella copertura a volta della navata centrale, luminosissima come le laterali a copertura piana. Il progetto di Riccardo Del Neri (1866-1964) riecheggia la pescheria di Giorgio Polli sulle Rive di Trieste del 1913, anche questa a pianta basilicale con tanta luce per indagare l’occhio del pesce, ma senz’altro inadeguata per una sala mostre, priva di muri dove appendere i quadri.

In mattoni come l’edificio costruito da Polli a Gorizia nel 1903, di fronte ai Giardini, il nostro Mercato consiste così di due parti, la cornice neorinascimentale esterna in mattoni e pietra artificiale, con graziose botteghe e il palazzo interno inquadrato da Francesco Castellan nel Werkbund, lo stile che porterà alla Bauhaus nel 1919.

Due elementi separati da un corridoio, all’aria aperta coperto in vetro, per comodità climatizzato dall’architetto Willy Riavis nel 1984 e poi riempito dagli invadenti box neri del Centro per la promozione prodotti tipici transfrontalieri, ovvero Tipi-net, inaugurato nel 2007 con fondi Interreg e presto abbandonato.

L’interno estremamente funzionale, presenta gli originali banchi in ferro tinto verde, posti su un gradino per facilitare le operazioni di lavaggio dei pavimenti di pratiche mattonelle in cemento scanalato della ditta Maroni, alla quale probabilmente si devono anche il timpano in pietra artificiale sull’ingresso principale, dove tra allegorie di frutti di terra e di mare, l’orologio da qualche lustro ormai segna le 9.25. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA



Riproduzione riservata © Il Piccolo