Il mito dello Zlatorog vive nelle leggende e sulle lattine di birra

Si perde nella notte dei tempi l’origine della storia del camoscio simbolo del Triglav 

PUNTI DI VISTA



Lo Zlatorog, il mitico camoscio bianco dalle corna d’oro re dello Triglav dove abitavano le Rojenice, dame bianche, fate generose che aiutavano i poveri e assistevano le puerpere, in “La leggenda del Tricorno”, editrice la Società Dante Alighieri di Gorizia nel 1992 per i tipi della «Graphy» di Mariano del Friuli, è stato raccontato anche da Angelo Conti, direttore del circolo didattico della scuola elementare “Ferretti” di Campagnuzza negli anni Sessanta, tra i fondatori dell’Università della Terza Età di Gorizia nel 1986 e amante della montagna.

In una “narrazione affascinante, cupa, triste, funesta e tragica dell’agitarsi di un coacervo di violente passioni umane: quali la credulità, l’infatuazione, l’amore, l’orgoglio, l’ingratitudine, la venalità, la cupidigia, la disperazione, il pentimento e l’espiazione”, la leggenda narra di un cacciatore della Val Trenta, la cui ragazza, sedotta dai regali di un commerciante veneto aveva rifiutato un ballo. Disperato e offeso, si diresse verso le pareti rocciose del Triglav dove il “cacciatore verde” lo persuase a sparare al camoscio dalle corna d’oro che però, mangiando un fiore dai poteri magici (Potentilla nitida o Rosa del Triglav) spuntato dove le gocce del suo sangue erano cadute, guarì dalle ferite e fece precipitare il cacciatore nell’Isonzo. Al disgelo, la fidanzata pentita vide la salma passare galleggiando sulle acque limpide e disperata si gettò nella gelida corrente. Da quel giorno le Rojenice con i loro candidi camosci sono scomparse dalla montagna, è calata l’infelicità e quello che era un paradiso divenuto una tragica pietraia.

L’origine dello Zlatorog, si perde nei tempi. La prima pubblicazione fu di Karl Deschmann in tedesco a Lubiana nel 1868, poi in forma di poema a Trieste nel 1892 da Rudolf Baumbach, nato in Turingia e a lungo a Trieste dove aveva fondato con Carl Czoernig e Julius Kugy la sezione triestina del Club Alpino Austriaco. Poi in sloveno dal poeta Anton Funtek nel 1886 e in italiano da Ario Tribelli nel 1930 ancora a Trieste. Oltre a Kugy, la leggenda del camoscio bianco dalle corna d’oro era nota pure a Max Fabiani, che in un suo taccuino ne fece uno schizzo attorno il 1880, ma rispetto la leggenda sul Tricorno, lo Zlatorog è senz’altro noto per la sua presenza sull’etichetta di una delle due più note birre slovene, ricordata nel motto goriziano: “Bevo Pivo fin ke vivo, bevo Laško fin ke kasco”. —



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