Il popolo del Panchina-day riempie la piazza

Volti noti della politica e cittadini insieme per dire no al taglio in centro. Nardi, vedova dell’amianto: «Atto vergognoso»
Di Tiziana Carpinelli
Bonaventura Monfalcone, 18/02/2017 P. Repubblica, panchina day Foto di Roberto Coco - La menzione dell'autore è obbligatoria
Bonaventura Monfalcone, 18/02/2017 P. Repubblica, panchina day Foto di Roberto Coco - La menzione dell'autore è obbligatoria

La Sinistra c’è e batte un colpo. Al panchina-day porta in piazza 150 persone (85 per la Questura, che solitamente arrotonda per difetto) e si esibisce in una prova muscolare col Carroccio, impegnato a pochi metri dal sit-in rivale nell’arruolamento di nuove leve padane. Quasi un déjà vu, ieri, uno dei primi sabato tiepidamente soleggiati del 2017: a qualcuno è sembrato si tornasse indietro di quattro mesi, ai tempi della campagna elettorale, con gli ultras di entrambi gli schieramenti ben posizionati sul salotto buono a strappar consensi. La Lega ha resuscitato perfino il gazebo porta-fortuna. Solo che stavolta, a differenza dell’altra, tra le fila del centrosinistra si sono contate molte più persone rispetto a quelle che in media affollavano i (pochi) comizi di Altran & co. Un segnale incoraggiante, almeno così è stato interpretato dai più. Molti i noti: Giurissa, Greco, Cattarini, Bertoli, le Morsolin (madre e figlia), Ghinelli, Altran, Raspar, Turazza, Frisenna, Pizzolitto, Piredda, Polli e Presot. Poi da Ronchi e Staranzano Cettul, Bon, Rossi.

Dunque l’opposizione alza la testa e prova a ripartire con un’iniziativa che non ha registrato momenti di frizioni, anche perché a vigilare c’erano tre gazzelle dei carabinieri e una volante. Ma anzi si è posta sul filo dell’ironia, con panchine formato mignon in cartone, palloncini rosa, cartelli con la scritta “Je suis une panchinà”, ricalcando gli slogan post attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo. Non sono ovviamente mancate in circolo copie del Manifesto e dell’Avvenire, testate soppresse dagli elenchi di abbonamento sottoscritti per la Biblioteca comunale dalla nuova giunta Cisint. E per ammazzare il tempo qualcuno ha servito pure te con biscotti. Mentre poi i big dem si lasciavano andare ai commenti, Cristiana Morsolin ha sfoderato un cuscinone vintage dai motivi floreali. Insomma, mancava solo il girotondo di morettiana memoria.

Tutto, o quasi, il popolo della sinistra si è seduto per terra, in piazza della Repubblica, per dire no al taglio delle panchine, provvedimento giustificato dalla giunta leghista da motivi estetici, in realtà ritenuto dall’opposizione un espediente per allontanare i bengalesi dal salotto buono monfalconese. Oltre ai politici, nella massa colorata, c’erano anche persone comuni, come Rita Nardi, la prima vedova dell’amianto di Monfalcone, che non ha risparmiato critiche al panchinaro provvedimento: «Xè ’na vergona quel che sta sucedendo - le prime parole a caldo -: xè de un razismo disumano». «In questo modo Monfalcone fa una figura da zero assoluto - ha poi proseguito -, perché il taglio delle panchine va anche contro i bambini. Giungere a questi livelli significa essere alla frutta, anzi peggio. È autentica cattiveria. Ma questa gente, che oggi non è qui a protestare in piazza, ragiona?». Tra gli esponenti della società civile, in veste personale, anche Giampaolo Cuscunà, direttore Ccm. Mentre tra i politici il grido di preoccupazione si leva in primis dagli ex sindaci: «Cisint invece di togliere ciò che è stato fatto prima avrebbe dovuto aggiungere - così Gianfranco Pizzolitto -: forse scorda che questa piazza non è così perché l’ho voluto io, ma perché lo ha stabilito la commissione di un concorso d’idee cui hanno partecipato 33 progetti. L’esito, dunque, di un procedimento scientifico».

«Sono molto preoccupata - ha fatto eco Silvia Altran - perché questi piccoli atti amministrativi in realtà incidono profondamente sulla percezione di come viene applicata la Costituzione, il diritto cioè di una persona di venire qui e sentirsi a proprio agio». «Certi provvedimenti, come quelli attorno al campanile - prosegue -, sono come mettere la polvere sotto il tappeto per far finta che Monfalcone non abbia problemi come quello della tossicodipendenza. Quanto ai giornali depennati, sono andata a verificare: l’abbonamento dell’Avvenire costava 275 e del Manifesto 270 euro. La somma non equivale al migliaio di euro di risparmio snocciolato da Cisint e mi par strano che non abbia saputo fare neanche questo conto correttamente». Arturo Bertoli ha osservato come prima di «tagliare le panchine il sindaco avrebbe potuto presentare il suo progetto alternativo della piazza», mentre Lucia Giurissa, segretaria dem, promette che d’ora in avanti il Pd farà da «sentinella e megafono per conto delle istanze civili».

La sparuta area renziana (le scissioni sono già in corso a Monfalcone?) è stata infine rappresentata da Riccardo Cattarini, il quale prima di prender l’aereo per Roma, in vista dell’assemblea Pd, ha sostenuto che «quando la politica si occupa di problemi concreti, fa una piazza piena: questo ci insegna tante cose, soprattutto come agire di qui in avanti». Il pueblo alla riscossa.

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