Il “Rambo” a spasso con un laccio da strangolamento

Si spaccia per un agente di scorta quando viene fermato ma un filo metallico e due punteruoli lo tradiscono
Di Corrado Barbacini

Il look è apparso subito inquietante. Guanti in pelle nera, pantaloni da incursore e giacca multitasche. Insomma era vestito come Rambo. Forse per questo motivo, appunto perché incuriositi, gli agenti di una pattuglia della polizia locale lo hanno fermato mentre viaggiava alla guida della sua Lancia Y.

In breve è arrivata la sorpresa. Perché l’uomo con fare amiccante ha spiegato ai “colleghi” che apparteneva al ministero degli Interni. E che faceva parte di una scorta riservata a un - non meglio specificato - personaggio importante. Ma erano tutte fantasie. Nessuna scorta, nessun ministero. Solo un look un po’ “aggressivo”, nient’altro. Perché Mauro Bresaz, 44 anni, col ministero degli Interni non aveva nulla a che fare. Insomma tutto finto.

Ma qui sono iniziai i guai. Perché l’uomo mentre - nel corso del controllo - stava recuperando dal cruscotto il documento della macchina, ha fatto cadere sul pavimento della vettura stessa due punteruoli metallici, ognuno lungo 10 centimetri con un’impugnatura tipo pugnale. E qui sono arrivati i problemi perché, come si legge in una nota dell’ufficio stampa della polizia locale, gli agenti lo hanno perquisito «trovandogli addosso un laccio di filo metallico di 70 centimetri con due anelli all’estremità, chiaramente costruito per strangolare».

A questo punto, su ordine del pm Matteo Tripani, è scattata la perquisizione domiciliare. Gli agenti hanno trovato in casa altri sei pugnali appuntiti con doppia lama affilata lunga tra i 20 e i 30 centimetri. Insomma, un vero e proprio arsenale di armi bianche. Inevitabile la denuncia per detenzione e porto illegale d’armi. È difeso d’ufficio dall’avvocato Donatella Majer.

Poco tempo fa si era verificato un fatto analogo. Protagonista un uomo di 56 anni con una grande, incommensurabile passione per i carabinieri. Al punto da utilizzare il fascino e il prestigio di un’appartenenza all’Arma, solo presunta, per riuscire a conquistare una donna, per farla innamorare raccontandole di appartenere ai servizi segreti, proprio dei carabinieri. E, per dimostrare il suo ruolo operativo, aveva addirittura corretto la tessera appartenente a un alto ufficiale e si era, come dire, autonominato colonnello. Era finito nei guai perché - dopo che la relazione si era interrotta - la donna si era rivolta ai veri carabinieri. Che non ci avevano messo molto per capire che quella messa a segno altro non era che una sorta di truffa, anche se questa volta di tipo “sentimentale”. Perché il finto colonnello dell’Arma aveva utilizzato appunto il fascino della divisa per convincere la donna a cedere alle sue attenzioni.

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