Il ricordo di Marcinelle dove morirono 66 isontini nelle miniere di carbone

Tra le 262 vittime della strage 136 italiani andati a lavorare in Belgio Giovedì prossimo una giornata di studio e il volume sui fatti del 1956 

l’anniversario



Ci sono tragedie dimenticate, come quelle di Marcinelle, di cui difficilmente si parla. Gorizia però sceglie di ricordare le vittime dell’incendio avvenuto nel 1956 in una miniera in Belgio dove morirono 262 immigrati di cui 136 italiani. Tra questi 18 erano nati in provincia di Gorizia, 15 nella zona slovena di Nova Gorica (che nei decenni precedenti apparteneva all’Italia) e 33 nel capoluogo isontino. «In tutto sono 66 vittime isontine ma in realtà probabilmente sono molte di più. Le famiglie, in questo specifico caso, hanno voluto dimenticare, anche per l’oblio che accompagna questa storia», spiega la professoressa Rita De Luca che il prossimo giovedì sarà protagonista dell’evento “Gorizia ricorda Marcinelle”. In Sala Dora Bassi dalle 10 ci saranno diversi ospiti che racconteranno della migrazione in Belgio di circa 50 mila italiani nel decennio successivo alla fine della seconda guerra mondiale.

Tutto ruoterà attorno alla pubblicazione di Loredana Franco “Morire di miniera – Dieci anni di emigrazione isontina – Storie senza parole” . Franco, oltre a pubblicare il risultato di vent’anni di studi, è riuscita a far rimpatriare la salma di un cugino dopo 26 anni. Giusto in tempo per consentire alla madre ultranovantenne di portare un fiore sulla tomba del figlio. L’iniziativa è stata presentata in municipio dal sindaco, Rodolfo Ziberna, da Roberto Selva, presidente della sezione goriziana dell’Unci, promotrice dell’incontro, dagli altri due rappresentanti dell’associazione, Rita De Luca e Lucio Samonati e da Silvia Paoletti, presidente dell’Acli che, come ha ricordato, nacque nel 1947 in Belgio proprio per tutelare gli italiani.

Il primo cittadino ha parlato de «i turni massacranti di lavoro nelle viscere della terra che conducevano a malattie altamente invalidanti. È un dovere ricordare questi nostri concittadini che sacrificarono la vita per consentire all’Italia di progredire, visto che fu il governo italiano di allora a sottoscrivere un accordo con il Belgio per fornire manodopera in cambio di carbone a prezzo preferenziale. Erano previsti due vincoli sanzionatori: l’obbligo di rispettare la durata minima contrattuale di un anno, sotto pena addirittura della detenzione prima del rimpatrio, e il mancato rinnovo del passaporto oltre all’impossibilità di cambiare lavoro prima di aver trascorso in miniera almeno cinque anni. Quindi – la chiosa – alziamoci in piedi quando parliamo dei migranti italiani». Selva ha chiesto al sindaco una collaborazione per realizzare qualcosa che ricordi gli italiani morti nelle miniere del Belgio. Il primo cittadino ha proposto la piantumazione di un albero, con una targa, nel Parco della Rimembranza. —



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