Il sogno ciclabile della città passava sul ponte ferroviario

Un sovrappasso progettato nel 2004 doveva unire le vie del Carso e Duca d’Aosta 

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Diego Kuzmin

Copenhagen è la capitale mondiale della ciclabilità: sole, pioggia o neve, ogni giorno metà dei suoi ottocentomila abitanti si sposta in bici in città. Un successo per la filosofia sottesa al progetto di tale mobilità, spesso ridotta a passeggiata domenicale: a Copenhagen in bici si arriva prima, prima dell’auto e dei mezzi pubblici.

Attenta pianificazione degli itinerari, cicloparcheggi, pavimenti sempre lisci, onda verde e poggiapiedi ai semafori per spintarella di ripartenza e tante infrastrutture. Viadotti e ponti dedicati su binari, strade e dislivelli. L’ultimo, nel 2014 lo “Snake”, costato 6 milioni di euro in aggiunta ai 15 di ogni anno in ciclabilità.

A Gorizia uno studio approfondito di ciclovie in sedi dedicate, è stato condotto negli anni Ottanta dall’architetto Luisa Codellia. Con il suo collaboratore Antonello Cian e i tecnici comunali, aveva anche affrontato l’ostacolo della grande rotatoria di Sant’Andrea, nata in quegli anni assieme all’ Autoporto e alla Stazione confinaria.

Non passava settimana senza che qualche vedova in bicicletta diretta al Cimitero, sulla rotonda finisse sotto un’auto. Problema risolvibile dieci anni fa rispolverando il vecchio progetto, quando la rotonda venne demolita e rifatta a mo’ di scolapasta. Ma nessun decisore ha inteso consultare i tecnici comunali, vil razza dannata, anche se tecnicamente però informata.

A disincentivare la bici quotidiana all’ingresso in città, pure il ripido dislivello di via Aquileia con l’arrivo alla rotatoria di piazzale Saba, difficile da attraversare.

Anche qua si pensò a una soluzione. Perso il primo bando dei “Contratti di Quartiere”, finanziato con storno dai fondi di Osimo, Gorizia si classifica in quello del 2003 con il quartiere della Campagnuzza, per un finanziamento di otto milioni e mezzo. Tra le opere previste dall’architetto Fabia Cabrini, anche il collegamento della ciclabile da realizzarsi in sede protetta all’ombra degli alberi lungo la via del Carso, con via Duca d’Aosta mediante una passerella da 700mila euro sopra i binari, con il permesso delle Ferrovie nel 2004 ma rinviando l’opera a un futuro bando di mobilità sostenibile. Sostituito con proprio personale nel 2007 lo staff dell’architetto Cabrini, il progetto vincitore del bando viene completamente modificato dall’Ater e il ponte sulla ferrovia abbandonato.

Ma l’idea è recuperabile e per chi da sud arriva in città un formidabile incentivo alla bici. —

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