Il titolare del San Marco ai colleghi: «Il “capo in b” al banco deve costare 1,50 euro»

Delithanassis si sfoga su ristori del governo e chiusure: «In questo quadro andrà alzata l’inflazione»

TRIESTE. «A Trieste il “capo in b” al banco deve costare 1,50 euro». A lanciare l’affondo è il titolare dell’Antico Caffè San Marco, Alexandros Delithanassis, nel corso di uno sfogo sul tema dei ristori erogati dal governo nazionale. Delithanassis ci tiene a sottolineare che non si tratta di una provocazione bensì di una proposta concreta, che rivolge pubblicamente anche agli altri esercenti cittadini: «È una legge dell’economia. In simili frangenti alzare l’inflazione è l’unico modo per preservare il patto sociale. Io mi comporterò così, d’ora in avanti, e invito i colleghi a fare lo stesso».

«Nei decenni il costo della vita è cresciuto – commenta Fabrizio Polojaz, presidente Assocaffè Trieste – ma quello della tazzina è rimasto indietro, eppure il caffè è uno dei pilastri di un punto vendita: se costa troppo poco ne risente l’economia dell’esercizio pubblico. È come il pane o come il prezzo di un quotidiano».

Tornando a Delithanassis, spiega che «dai ristori di Draghi il San Marco riceverà il 30% del differenziale di fatturato tra 2019 e 2020. E nell’anno passato abbiamo perso 520 mila euro di fatturato, il che significa poco più di 43 mila euro al mese, di perdita. Questo significa che ci arriveranno 13 mila euro di ristoro. Vale a dire il 2,5% della perdita di fatturato tra 2019 e 2020. Oppure l’1,1% dell’intero 2019. Somma dei ristori 2020 e 2021, non ancora ricevuti, 46.000 euro totali: il 4% del 2019. Stiamo parlando del nulla: neanche il costo degli affitti».

A supporto della tesi cita una recente stima della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), secondo cui l’incidenza dell’affitto dei locali, tra canone e spese, consuma mediamente il 30% dei fatturati dei ristoratori del Paese.

«A gennaio per esempio mi sono arrivati 40 mila euro di stipendi da pagare ai dipendenti – prosegue Delithanassis –. Sempre a gennaio mi è stato permesso di lavorare otto giorni in tutto. È evidente che l’unico modo per corrispondere paghe e altre spese è chiedere un ulteriore prestito in banca. Prestito che, certo, è garantito. Ma questi soldi li dovrò comunque restituire. Prima il legislatore ha suggerito tra le righe che siamo degli evasori: penso alla lotteria degli scontrini. Adesso Renato Brunetta (ministro per la Pubblica amministrazione), mentre i miei collaboratori non ricevono la cassa integrazione da mesi, dà ai dipendenti statali un aumento di 107 euro al mese, 354 ai dirigenti. Non è sbagliato a priori, ma allora l’unica soluzione è l’inflazione».

E ancora: «Senza inflazione, ci sarà un effetto domino che colpirà tutti. Io non pago a te e tu non paghi a me. Si chiama società capitalistica moderna. Occorre avvicinare i redditi garantiti dal pubblico a quelli del privato, sennò succede il disastro. In centro città non si vendono più cravatte perché la gente non va più in ufficio. Tanta gente resterà per strada e si arrabbierà». 


 

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