Il Tlt e il sogno dello Stato mai nato

di RAOUL PUPO
26 ottobre 1954, l'Italia torna a Trieste. Di fatto, non c'è alcun dubbio, tant'è che per la strada decine di migliaia di triestini accorrono sotto la pioggia ad accogliere i bersaglieri. Giuridicamente invece, qualcuno dubita che l'Italia se ne sia mai andata davvero. È questo il succo della "dottrina Cammarata", escogitata dal rettore dell'Ateneo triestino e fatta propria dal governo italiano, secondo la quale la sovranità italiana su Trieste non è mai venuta meno, dal momento che il Territorio libero di Trieste non è mai stato costituito. Altri giuristi - tutti quelli stranieri ed anche qualche italiano - appaiono un po' meno convinti. Che il Tlt non sia mai nato, è piuttosto evidente, ergo non ha mai sviluppato una sovranità; ma con il Trattato di pace la sovranità su queste terre - dicono - l'Italia l'ha proprio perduta e quindi il territorio è rimasto "res nullius". Come dire, figli di nessuno.
Ma com'è che il gran caos del dopoguerra non è riuscito nemmeno a partorire "Topolinia", come qualcuno ironicamente chiamava il mai costituito Tlt? Per prima cosa, non bisogna dimenticare che la sottile striscia costiera fra il Timavo e il Quieto sulla quale si sarebbe dovuto instaurare il nuovo staterello era tutto quello che rimaneva dell'Istria ex italiana, attribuita dal Trattato di pace alla Jugoslavia. In secondo luogo, i motivi della gestazione interrotta stanno tutti dentro le ragioni per cui l'idea del Tlt fu concepita.
Dunque, la decisione maturò nella primavera del 1946 di fronte all'impasse registrato nelle trattative fra le grandi potenze sul problema del confine italo-jugoslavo. Vi era accordo sul fatto che tutto quando stava ad est della cosiddetta "linea francese" dovesse passare alla Jugoslavia, ma l'Urss non era disposta ad accettare che Trieste rimanesse all'Italia. D'altra parte, gli Occidentali non avevano alcuna intenzione che il porto dell'Austria e finestra sul Mediterraneo dell'Europa centrale cadesse in mano jugoslava, cioè sovietica. Erano le stesse motivazioni che alla fine di aprile del 1945 avevano spinto gli anglo-americani alla "corsa per Trieste" ed al successivo confitto diplomatico con Belgrado, concluso con l'accordo del 9 giugno, che aveva posto Trieste sotto il controllo alleato.
Quindi, ci voleva un compromesso, vale a dire la classica formula dello stato cuscinetto internazionalmente garantito. Dal punto di vista occidentale, si trattava di una soluzione preferibile alla restituzione di Trieste ad un’ Italia debole e disarmata, che non sarebbe stata in grado di difenderla da un probabile colpo di mano jugoslavo. Meglio dunque affidare Trieste alla tutela delle Nazioni Unite, rafforzata dalla previsione di un esecutivo forte, in cui il governatore disponesse di ampi poteri e prevalesse nettamente sugli organismi elettivi in cui i comunisti locali, filo-jugoslavi, avrebbero certo fatto sentire la loro voce.
La previsione del Territorio Libero venne perciò inserita nel Trattato di pace, la cui entrata in vigore il 15 settembre 1947 non condusse peraltro alla costituzione ipso facto del Tlt, perché l'atto formale che gli avrebbe dato vita - cioè la nomina del governatore incaricato di mettere in atto lo Statuto previsto dal Trattato - veniva demandato al Consiglio di sicurezza dell'Onu. In attesa di tale atto fondante il territorio rimaneva diviso in due zone, A e B, sottoposte ad amministrazione militare provvisoria rispettivamente anglo-americana e jugoslava.
La questione della nomina del governatore però si trascinò all'infinito, per la semplice ragione che a partire dall'autunno del 1947 le diplomazie britannica ed americana cominciarono a sospettare che il Tlt non sarebbe in ogni caso stato una creatura vitale. Le motivazioni erano almeno due. La prima, le contrapposizioni politiche e nazionali esistenti all'interno della società giuliana, che lasciavano poco spazio alla costruzione di un'identità locale capace di sostenere il nuovo stato. La seconda, l'impossibilità del Tlt di reggersi autonomamente dal punto di vista economico, il che lo avrebbe posto alla completa mercè degli stati confinanti in competizione fra loro, oppure lo avrebbe condannato al collasso economico, che avrebbe favorito la presa del potere comunista. Costituire dunque il Tlt non avrebbe evitato il rischio che Trieste cadesse in mano comunista jugoslava.
A quel punto, restavano due possibilità: procedere immediatamente alla spartizione del mai nato Tlt restituendo la zona A all'Italia, oppure prendere tempo in modo da mantenere il Governo militare alleato a Trieste. Venne preferita la seconda ipotesi, perché la garanzia offerta dalla presenza militare anglo-americana era considerata superiore a quella offerta dallo stato italiano. Di conseguenza, la nomina del governatore venne bloccata, impedendo l'effettiva nascita del Territorio Libero.
Tale posizione fu mantenuta per alcun anni, cioè fino a quando la Jugoslavia rimase inserita nel blocco sovietico. I governi occidentali si spinsero fino a riconoscere pubblicamente il diritto dell'Italia a recuperare l'intero Tlt con la dichiarazione tripartita del 20 marzo 1948, mentre nella zona A il Gma si impegnò a sostenere la componente filo italiana e svolse una politica tesa a rendere quanto più semplice possibile la restituzione della zona all'Italia.
Nell'estate del 1948 però scoppiò la crisi fra Tito e Stalin, che spinse la Jugoslavia ad avvicinarsi all'occidente. Americani e inglesi ne trassero le debite conseguenze e a partire dall'estate del 1949 la loro politica mutò: il nuovo obiettivo divenne quello della spartizione il più ravvicinata possibile del mai nato Tlt fra Italia e Jugoslavia. Secondo Londra e Washington i due nemici di ieri sarebbero di colpo dovuti diventare buoni amici, dividersi amichevolmente le spoglie del Territorio Libero e magari darsi anche una mano per difendere la soglia di Gorizia dall'Armata Rossa. Il cambio di rotta era un po' brusco e le pressioni anglo-americane sui governi di Roma e Belgrado affinché pervenissero ad una soluzione concordata, non ebbero immediato successo. La situazione si sbloccò solo nel 1954, a seguito di un complesso negoziato in più fasi condotto dai rappresentanti anglo-americani separatamente con quelli jugoslavi e italiani. Il risultato fu il Memorandum di Londra entrato in vigore il 26 ottobre 1954. Formalmente, il Memorandum prevedeva solo il subentro dell'amministrazione italiana a quella del governo militare alleato nella zona A e dell'amministrazione jugoslava a quella del governo militare jugoslavo nella zona B. Tale formula venne adottata perché il governo di Roma non era in grado di far accettare alla propria opinione pubblica la rinuncia alla zona B. Da parte sua, il governo di Belgrado la accettò perché ottenne la garanzia anglo-americana che la soluzione raggiunta, e cioè l'incorporazione della zona A in Italia e della zona B in Jugoslavia, ancorché formalmente provvisoria, andava considerata come definitiva. La formalizzazione della definitività veniva quindi rinviata a data da destinarsi, dopo un tempo sufficiente a far decantare i contrasti ed a far dimenticare la questione alle rispettive opinioni pubbliche.
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