Immigrati triplicati rispetto alla capienza

GRADISCA. Il Cara di Gradisca rischia di fare la fine di quello di Bari: ovvero ospitare immigrati per tre volte la capienza reale della struttura. Lo scenario-choc è disegnato, come riferiamo a parte, dai sindacati delle forze di polizia. Ma che il campanello d'allarme sul sovrautilizzo dell'ex caserma Polonio sia reale lo dimostrano anche le notizie riportate in queste ore dal Piccolo: la sala mensa dell'ex Cie è stata smantellata per fare posto alle brande e se necessario saranno utilizzati anche corridoi e spazi comuni. Altre soluzioni immediate per non lasciare nessun migrante all'addiaccio non ve ne sono e l'ex Polonio, che è struttura governativa, rimane la soluzione numero 1 per a Prefettura. Per Gradisca dunque rischia un secondo primato: non più soltanto quello di unico centro richiedenti asilo del Nord Italia ma anche quello - preoccupante - di struttura più affollata come rapporto fra presenze e numero di abitanti: oltre 500 in un Comune di 6.400 anime.
Solo il maxi-Cara di Mineo (Sicilia) fa peggio, con 3.700 immigrati, addirittura tanti quanti gli abitanti di quella località. Altri Cara sorgono in grandi città (vedi Roma, Bari, Lecce, Crotone, Cagliari), piccole frazioni ma di centri più grandi (vedi Trapani, Foggia e Manfredonia), o in comuni più piccoli ma con presenze inferiori a quella di Gradisca (come Arcevia, provincia di Ancona). E la situazione non è destinata a mutare nel breve periodo: si continuerà a oscillare fra le 480 presenze attuali e le 500 unità, anche se c'è chi giura che quella soglia psicologica sia già stata superata. L'ex caserma Polonio di Gradisca scoppia. Non è pieno solo il Cara propriamente detto, che già aveva visto aumentata la propria capienza da 138 a 200 migranti: ora non ci sta più uno spillo neppure al "Cara-bis", l'ex Cie, dove a fronte dei 248 posti certificati la Prefettura è costretta, nell'emergenza, a ospitare dalle 30 alle 50 persone in più. «Inutile nasconderlo, la situazione è questa - commenta il viceprefetto vicario Antonino Gulletta -. E non mi sembra destinata a mutare nel breve periodo. Trasferimenti di ospiti in altre città italiane in questo momento sono molto difficili perché la situazione è generalizzata anche nelle altre regioni. E altri migranti continueranno ad arrivare nelle prossime settimane. Per cui, a meno che non si voglia farli dormire per strada, il Cara di Gradisca rimane la soluzione più immediata, così come le altre strutture convenzionate presenti sul territorio». Tutto è iniziato nel gennaio 2015 con l'aumento della capienza del Cara-1, per così definirlo. Poi, esattamente un anno fa, si è riaperto l'ex Cie per destinarlo a struttura di accoglienza. «Ci era stato assicurato che sarebbe stata una soluzione temporanea, e invece non solo è divenuta definitiva, ma i numeri continuano inesorabilmente a crescere» commenta amara la sindaco Linda Tomasinsig. «Non ci sono mai trasferimenti di massa nel Cara di Gradisca, ma continui ingressi di piccoli numeri di migranti - è l'analisi -. E spesso come Comune non ne siamo neppure informati. In questo modo, nell'indifferenza generale, la mia cittadina si trova ad avere a che fare con numeri più che raddoppiati. E che sono diventati impossibili da gestire. Credo francamente sia ora di dire basta - è nota la posizione della prima cittadina -. Gradisca sta facendo la propria parte da un decennio, capisco la presenza di una struttura governativa ma questa non può essere l'unica soluzione. Siamo la valvola di sfogo per tutto l'Isontino su questo tema delicato. Se l'accoglienza diffusa non decolla per l'indifferenza di tanti miei colleghi, Ministero e Prefettura trovino altre strade. Cosa chiediamo al Viminale? Sempre le stesse cose, da quasi due anni: la chiusura dell'ex Cie e il ritorno del Cara a una capienza più gestibile, quella originaria di 138 posti. Solo così - argomenta - l'accoglienza può svilupparsi anche su percorsi di inclusione sociale che il nostro Comune è fra i primi in Italia ad attuare. Ma con numeri come quelli odierni diventa impossibile».
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