«In città si è costruito oltre il limite previsto»
I progettisti del Piano regolatore: superati gli indici, d’ora in poi meno cemento

A Trieste si è costruito troppo, oltre i limiti di norma. Per questo col nuovo Piano regolatore si torna drasticamente indietro. In tutte le zone urbane, tranne quelle rare ancora non abitate, è stato infatti superato il limite previsto dal Piano regolatore precedente, che pure era largo e comodo in questo senso. Il Prg nuovo, ora arrivato in discussione, taglia dunque il cemento, per accogliere il quale non ci sarebbero comunque - dicono le cifre - né spazi né regola, e le zone di espansione, che di fatto non esistono se l’espansione risulta già superata, e gli indici di edificabilità, impossibili da sostenere. Per queste ragioni, obbligate, oltre che per le nette indicazioni di «filosofia» date nel 2007 dal Consiglio comunale, il disegno della Trieste di domani ha un profilo «naturalistico», di sostenibilità, di riduzione, di recupero dell’esistente, oltre che un buon intento di salvaguardia storica e culturale. E per questo si porta l’edilizia in Carso, e soprattutto a Opicina.
Salvaguardia del territorio nelle sue componenti paesaggistica, ambientale, idrogeologica. Arresto dell’espansione edilizia nelle aree ancora integre. Mantenimento dell’impianto urbanistico nei borghi carsici. Recupero dei contenitori dismessi. Sono queste le linee strategiche sulle quali è stato costruito il Prg. Per raggiungere gli obiettivi i progettisti del municipio hanno indicato che cosa bisogna fare: ridurre le aree di espansione, incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, rivedere gli indici e i parametri edilizi, individuare nuove funzioni per le aree degradate e dismesse, prevedere nuove strade nelle aree dove viene incentivato il recupero, evitare nuove industrie altamente inquinanti o pericolose, promuovere nuove forme di turismo, eliminare industrie e attività artigianali e commerciali da aree con valenza ambientale-paesaggistica, favorire lo sviluppo scientifico della città quale polo di riferimento.
E finora? Delle aree boschive, tra le quali molte protette da «Natura 2000» con siti di importanza comunitaria e Zone di protezione speciale, i progettisti scrivono: «Sono aree ancora consistenti nonostante negli ultimi decenni la spinta edilizia sia stata fortissima e non sufficientemente rispettosa». Si vuol dare impulso ora alla protezione, e anche alle attività agricole.
E in città? Ecco il punto. «Gli indici previsti dal Piano regolatore vigente sono inferiori a quelli reali in quasi tutte le zone, mentre le altezze risultano mediamente inferiori a quelle previste dal piano». Significa che il territorio è stato «mangiato», anche se il documento specifica: «Non significa che le varie zone siano state saturate, anzi, c’è ancora una notevole potenzialità edificatoria, molte aree sono inedificate».
Ma se si guardano le tabelle riferite alle singole tipologie di residenzialità (borgo storico, villette, edifici multipiano, ecc.) si scopre che su 13 zone addirittura 9 superano gli indici di edificabilità. In zona A3 (edilizia privata del XIX secolo assimilata ai borghi storici di epoca austriaca) il piano consentiva un rapporto metri quadrati-metri cubi pari a un indice 5, e l’indice reale è di quasi 21, quattro volte tanto. In zona B0 (parte di città costituita da isolati) il normato indice 6 (12 se con piano particolareggiato) è invece di 16,20. In zona B2 (condomini con giardini e cortili) il limite era di 3,5 (6 con piano particolareggiato) ed è superiore a 8, più del doppio. In zona B4 (grandi condomini, disordinatamente accostati a villini) l’indice reale è di nuovo più che doppio rispetto al limite: 3,4 anziché 1,6. Viceversa in tutte queste zone tranne un paio l’altezza delle case è inferiore al massimo consentito, di due, tre, quattro, cinque o perfino sei metri. Sbagliate le indicazioni o malamente usato lo spazio residenziale?
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