In Porto Vecchio prende forma la Biennale diffusa

In allestimento le opere al Magazzino 26, parcheggio pronto Enormi pannelli per Zigaina. Sgarbi ha fatto un sopralluogo
Silvano Trieste 28/06/2011 Magazzino 26, Primi Allestimenti
Silvano Trieste 28/06/2011 Magazzino 26, Primi Allestimenti

di Gabriella Ziani

C’è un giovane pittore triestino che sta fisicamente realizzando una parte a matita del proprio grande quadro direttamente lì, nel Magazzino 26. Ci sono pareti già allestite, con le mutevoli e sorprendenti variazioni e suggestioni dell’arte contemporanea, che usa video e proiettori, oggetti stravolti e reinventati, ma anche l’altissima perfezione della grafite, dell’olio, della sanguigna, dell’encausto, con visioni perturbanti. L’enorme navicella nel «buco» sterminato di Porto vecchio è adesso nello stesso tempo una fabbrica e un affascinante «non finito».

Sì, la Biennale diffusa ormai non c’è dubbio si fa. Esiste già ora, pur nell’incredibile affanno di chi sta lavorando dentro e fuori: il parcheggio sul retro è asfaltato (200 posti), la segnaletica a terra è disegnata, i container fanno da parete al percorso. Domenica 3 luglio alle 18 si apre. Sono stati invitati non solo tutte le autorità ma anche i rettori delle Università di Trieste e Udine, e tutti i sindaci della regione. Dovrebbero esserci tutti gli artisti, una folla. A partire dalle 17 sarà attivo il bus navetta in Largo Santos, il parcheggio sarà riempito molto presto dagli invitati e da quel momento il pubblico dovrà salire a bordo oppure camminare per oltre un chilometro.

Vittorio Sgarbi ha fatto un sopralluogo in piena notte, come è nel suo stile, ha piantato egli stesso chiodi sul muro, e apprezzato molto la qualità delle opere, quasi 130, più due sale per circa 40 artisti stranieri, più una per gli studenti e i docenti dell’istituto d’arte Nordio.

Sono già arrivati alcuni mobili bianchi per reception e bookshop al piano terra, dove la società concessionaria Portocittà approfitta del cantiere per installare i propri uffici: «Ci stavamo già pensando, ora è il momento di realizzare» dice Corrado De Francisco della De Eccher, che percorre gli sterminati vani, già magazzino di merci, assieme ad allestitori e consulenti.

Barbara Fornasir e Federica Luser hanno «sistemato» gli artisti alle pareti, e le cose singolari non mancano: una sanguigna lunga 22 metri della muggesana Rossana Longo che s’ispira a Raffaello, una sfera trasparente costruita con appendini d’abiti, un abito rosso che subirà proiezioni di luce, una parete dal titolo “Le cattive madri” che incolla segnali di muffita educazione, mentre Paolo Cervi Kervischer allinea pannelli con figure ritratte di spalle appoggiate su tappeti persiani: su quei tappeti all’inaugurazione danzerà, pare con pochi o zero abiti addosso, una ballerina giapponese. Ma tra fili e scatoloni lo sguardo è catturato dalle onde in piena, disegnate a grafite ma che sembrano una foto in bianco e nero, di Serse Roma, che fanno da specchio alla misteriosa luce nascente da un deserto nel dipinto di Manuela Sedmach.

Per Giuseppe Zigaina sono pronti tre enormi pannelli. Ci sarà Pasolini fotografato 10 giorni prima della morte, e una poesia inedita del pittore. Altre foto, di un artista bosniaco, mostreranno le borgate di Roma 10 giorni dopo l’uccisione del poeta. E mentre la Kowalski film, gruppo triestino, gira un film-spot sulla mostra da inserire su Internet, Gabriele Bonato continua, come se fosse da solo, a disegnare, si provano gli schermi tv che contaminano pittura e immagine, video e installazioni in cera, con la visione dei «tondi» colorati di Giancarlo Venuto che al colore abbinano la sequenza di tutte le tecniche artistiche note. Sono già arrivati i quadri di Gillo Dorfles, di Alice Psacaropulo, di Renato Calligaro, di Livio Rosignano, di Bruno Chersicla, di Marco Sofianopulo. All’esterno i camion del cantiere si muovono come bisonti, nel caldo, e nessuno più parla di soldi che mancano. Più che altro mancano tre giorni e mezzo al via.

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