«In un solo anno 150 ispezioni»

«Se un imprenditore sente di non avere più diritti, al di là dei suoi doveri, allora non ha più senso d’essere». È una frase, questa, che potrebbe tornare buona anche come una sorta di motto, di slogan. E del resto al suo autore piace comunicare, arricchire con messaggi che lasciano il segno all’interno e all’esterno del locale in cui lavora. Lui è Desmond Cache, il giovane imprenditore, goriziano d’adozione dal 2003, titolare del “Cafè La Chance” di via Garibaldi. Uno tra gli esercenti più dinamici e appassionati che operano in città, che ha fatto parlare di sé negli ultimi anni anche per i tanti progetti pensati per il rilancio del centro cittadino. Su tutti quello della “Via dei Folli”. Ma anche tra coloro che, al colmo della frustrazione per un ambiente che non sembra premiare gli sforzi, sta da qualche tempo coltivando l’idea di proseguire altrove la sua avventura imprenditoriale. «Cos’è che mi tormenta? Beh, basta dire che sono arrivato a toccare circa 150 controlli della polizia nel corso di un anno, a 5mila euro di multe, altrettanti esposti e una denuncia penale – dice Desmond, snocciolando dati e cifre con amarezza –, e il tutto semplicemente per il mio lavoro. Quando sono arrivato qui in Italia, tanto tempo fa, ho letto l’articolo 1 della Costituzione, un valore assoluto in cui credo: il problema è che dopo tanta esperienza inizio a crederci un po’ meno. Perché ormai sono arrivato a dover lavorare per mettere da parte i soldi per difendermi, tra cause e sanzioni». Il nodo del contendere è, in gran parte, legato alla questione “schiamazzi”, con le lamentele dei cittadini che non riescono a conciliarsi con l’attività di chi investe e lavora nei locali per offrire qualcosa alla città. «Qui nel mio locale arriva gente da Pordenone, Trieste, perfino dalla Carnia e da Capodistria, semplicemente perché tramite passaparola è venuta a conoscenza di quel che ho da offrire, o perché è rimasta incuriosita da qualche recensione sul web – racconta Desmond –. E questo fa riflettere, vuol dire che se si lavora in un certo modo le cose possono funzionare, e che un’attività che riesce ad essere attrattiva porta beneficio a tutta la città, e non solo a se stessa. È questo quel che vorrei che Gorizia capisse, permettendo a tutti gli esercenti seri e appassionati, come sono io, e sono diversi in giro, di fare il loro lavoro. Non ho mai saltato il pagamento di una rata del mutuo, e gli stipendi ai miei dipendenti arrivano puntuali: eppure mi vengono a parlare solo di mancato rispetto e di schiamazzi. Credo che gli imprenditori vadano accompagnati, corretti se necessario, ma non puniti e penalizzati ad ogni inciampo». Desmond, che evidentemente fa l’imprenditore, e come tale fa il suo interesse, è animato anche dalla sfida di provare a dare un futuro diverso alla città. «Se mi viene data la possibilità di fare, le idee non mi mancano – dice –, e lo sa bene anche l’amministrazione comunale, con cui ho avuto modo di confrontarmi più volte. Non posso accettare di restare inerme mentre nella mia strada, via Garibaldi, ci sono nove attività chiuse in poche decine di metri. Io immagino invece una creperia bretone, un take away, una sala espositiva negli spazi che furono della torrefazione Mattioni, e una serie di collaborazioni che permettano di valorizzare e vendere non solo prodotti, ma anche la storia di questa via che fu la “via del Teatro”, della sua antica chiesetta, di attività come la Pasticceria Centrale». Proposte, forse visionarie, forse difficili da concretizzare. Ma vibranti, affascinanti. Quel di cui magari Gorizia può aver bisogno, anche per rilanciarsi. Eppure tutta quest’energia (come quella di molti altri esercenti della città, beninteso), Gorizia rischia di perderla. «Io amo questa città, che mi ha accolto e dove ho costruito tanto – dice amaro Desmond –. Qui ci sono tantissimi affetti, la mia scuola di ballo e i miei allievi. Ed è per questo che voglio provare fino all’ultimo a fare qualcosa per lei. Ma se continuerà ad esserci questo clima di ostilità dovrò per forza guardarmi attorno. Non mollerò di certo, ma potrei scegliere di investire altrove. Sto iniziando a mettere su famiglia, e ho bisogno di poter lavorare in un posto dove so di poter crescere, dove non sentirmi sopportato e dove gli sforzi e gli investimenti vengono premiati».
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