Ancora incendi e tensioni al Cpr di Gradisca: lacrimogeni e agenti in tenuta anti-sommossa

L'operatività della struttura, secondo il sindacato di polizia Siulp, "è seriamente compromessa"

Luigi Murciano
L'incendio divampato al Cpr martedì sera
L'incendio divampato al Cpr martedì sera

Pare di essere tornati indietro di 12 anni. A quei tumulti continui che nell'estate del 2013 portarono l'allora Cie all'inagibilità e a una lunga chiusura. Stavolta ci si è andati molto vicini: ma almeno per ora, nonostante il terzo giorno consecutivo di gravi disordini, il Centro permanente per i rimpatri di Gradisca rimarrà operativo.

La tarda serata di martedì ha fatto registrare l'ennesima grave rivolta. La più grave degli ultimi anni, durata oltre 6 ore: diversi gli incendi appiccati nelle camerate, almeno una trentina di ospiti sul tetto dell’ex Polonio dopo essersi aperti una mezza dozzina di varchi nelle ore precedenti, e 9 contusi fra le forze dell'ordine.

Refertati all'ospedale per essere stati bersagliati con ogni sorta di arma impropria: una pioggia di pezzi di plexiglass, tegole, spranghe e tubi. A farne le spese un dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Gorizia, colpito al volto, un militare, e sette operatori fra agenti del Reparto Mobile, della stessa Questura e dell'Arma dei carabinieri. Non risultano contusi - lo affermano con risolutezza Prefettura e Questura di Gorizia - fra i “rivoltosi”.

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L’ingresso del Centro per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo Foto Bumbaca

Gli agenti sono comunque intervenuti più volte nelle camerate in assetto antisommossa da ordine pubblico, facendo ampio utilizzo di lacrimogeni e sfollagente.

Il giorno dopo la rivolta, il commento del questore Luigi Di Ruscio è netto: «Solo grazie alla professionalità del personale la situazione non è degenerata in fatti più gravi - afferma -. Davanti ai loro nervi saldi non posso che togliermi il cappello. Hanno riportato la calma in un contesto estremamente difficile». Secondo il questore, la sommossa è stata scatenata «da un gruppo di 8 pregiudicati di nazionalità marocchina in attesa di imminente rimpatrio». E da programma il gruppo di maghrebini è stato trasferito oggi, mercoledì 22 gennaio, nel Paese d'origine.

Struttura ai limiti dell’agibilità 

Sempre oggi, una quarantina di uomini della Questura ha proceduto alla bonifica delle camerate in cerca di armi improprie. Ingenti i danni: l'agibilità è ormai ai limiti. Ma, come fa sapere il prefetto di Gorizia Ester Fedullo, il Cpr rimarrà operativo.

«Gli ospiti rimasti, fra le 80 e le 90 unità, saranno trasferiti nelle sezioni non danneggiate. Nel frattempo si avrà una stima effettiva su quali lavori di ripristino saranno necessari». Una chiusura del Cpr, anche solo temporanea per consentire i lavori, non pare all'ordine del giorno. «Più verosimile una momentanea riduzione della capienza, ma è il Governo a decidere. La struttura ad oggi rimane operativa», afferma Fedullo.

I sindacati di polizia

Perplessi, ed è un eufemismo, i sindacati di polizia. Il Siulp, attraverso il componente della segreteria provinciale Giovanni Sammito, non ha dubbi: «Nel 2003 il Cie chiuse per danneggiamenti molto meno gravi. Solo la professionalità dei colleghi ha evitato che qualcuno si facesse male. Dietro quel muro la tragedia è sempre dietro l'angolo, non si può continuare a sperare nella buona sorte. Si chiuda e si riveda tutto il sistema».

Stessa opinione per il Sap: «La relazione di fine servizio - così il segretario provinciale Flavio Pino in un appello alla Prefettura -: pareva un bollettino di guerra. Il centro è diventato pericoloso sia per gli ospiti che per gli operatori: va chiuso e ristrutturato nella sua interezza. È fin troppo facile dalle camere aprire varchi e salire sul tetto, per non dure procurarsi corpi contundenti o appiccare il fuoco. Domenica un ragazzo tunisino si è fatto male buttandosi nel vuoto. I danni al tetto del magazzino sono ingenti e la caldaia è inservibile. Così non si può continuare». —

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